venerdì, settembre 07, 2007

Letture terminate

Vorrei citare qui alcuni libri da me letti recentemente ma di cui non sono ancora riuscito ad elaborare una recensione o comunque un commento che mi soddisfi:
- "Casa di bambola" Henrik Ibsen
- "Il Silmarillion" J.R.R. Tolkien
- "Fahrenheit 451" Ray Bradbury
- "Le storie del ciclo di Cthulhu" H.P. Lovecraft
- "La repubblica" Platone

Il non riuscire ad elaborare ed esporre un commento chiaro e sufficientemente spontaneo riguardo un libro che ho letto, spesso mi infastidisce più del non riuscire a terminare la lettura di un altro. In questo caso i libri sono addirittura cinque, quindi sono discretamente nervoso e per discretamente nervoso intendo che, ogni volta che uno di questi libri mi capita davanti agli occhi, mi viene una gran fame.

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giovedì, settembre 06, 2007

Racconti del terrore


Ho letto "Racconti del terrore" di Edgar Allan Poe.
Sarò sincero, ero abbastanza scettico su questo autore ma mi sono dovuto ricredere.
Ho deciso di leggere Poe perchè alle sue opere era molto legato uno dei miei scrittori preferiti, H.P. Lovecraft; forse ero scettico perchè Poe risulta al grande pubblico molto più famoso rispetto a Lovecraft e forse questo mi causava un po' di risentimento riflesso, se capite cosa intendo.
Comunque dopo aver letto questa collezione di racconti brevi, oltre ad essere contento di averlo fatto, ho anche capito perchè Poe era tra le letture preferite di Lovecraft. L'impressione che ho avuto dell'autore è quella di un profondo studioso della mente e dei comportamenti umani; a volte immagino Poe più come uno scienziato che come un artista, un uomo pieno di curiosità verso la vita degli esseri umani, curioso e con tanto desiderio di capire.
Ho apprezzato particolarmente la forma del racconto breve: credo che questo mezzo permmetta allo scrittore di raggiungere meglio, e non solo prima, il suo scopo, quello di coinvolgerti nella sua storia, nelle vicende che vuole narrarti, portarti abbastanza velocemente dove tu e lui volete arrivare. Poe, inoltre, riesce ad arrivare a quel punto con la giusta velocità, nè troppo precipitosamente, nè costruendo un'inutile sovrappiù di vicende che servirebbero soltanto ad allungare il brodo: vuole mostrarti un aspetto della realtà che l'ha colpito, racconta la vita guardando a quei momenti in cui, forse, ci sentiamo più vivi, quei momenti in cui ci avviciniamo all'ignoto, quei momenti in cui la paura e il terrore si impadroniscono dei nostri sensi e ne fanno quel che vogliono, quei momenti, soprattutto, in cui ci troviamo così vicini alla morte, nostra o di qualcuno che ci è vicino, da rappresentare forse i momenti più "alti" di vita... ho sentito più volte dire che non ci si sente mai tanto vivi quanto nei momenti in cui si è vicini alla morte e credo che probabilmente sia vero. Possiamo quindi dire che Poe racconta sì di paure, di terrori, di incubi, di morte ma mentre lo fa racconta soprattutto di vita.
I racconti che mi sono piaciuti maggiormente sono "Silenzio", "Una discesa nel Maelstorm", "La maschera della Morte Rossa", oltre ai celeberrimi "Il gatto nero" e "Il pozzo e il pendolo": soprattutto quest'ultimo credo che sia un racconto veramente fantastico, io sono uno che si annoia facilmente, a volte molto facilmente, ma questo racconto è riuscito a prendermi e l'ho letto tutto d'un fiato senza neanche accorgermene, mi sembrava di essere accanto al protagonista mentre questo viveva il proprio racconto.

Prossimamente leggerò anche "Racconti del grottesco" e "Racconti di enigmi", ma per ora cambio categoria, ho una sfida in corsa... c'è un libro che devo leggere da dieci anni, l'ho comprato due anni fa ma ancora non sono riuscito a leggerlo e quando ho scoperto che Franciov lo sta leggendo, mi sono detto lo devo iniziare subito e finirlo prima di lui... eccomi "Memorie di Adriano" sono pronto!

NOW ON AIR: "Show must go on" Queen

lunedì, settembre 03, 2007

Il leone e la gazzella

Sono laureato in ingegneria informatica e il mio futuro dovrebbe essere quello di lavorare in un'azienda, di informatica, di elettronica, non importa.
Ma come si può lavorare in un ambiente in cui non solo il concorrente è visto come un nemico, ma lo stesso cliente è considerato un avversario.
In una situazione del genere sei continuamente circondato e devi difenderti da tutto e da tutti; e difendersi non basta, ci si aspetta che tu combatta, che tu prevenga, che tu uccida, naturalmente in senso figurato. Quando mi trovo a contatto con persone che fanno già parte di questo mondo non posso non provare un forte senso di disgusto, è più forte di me: io cerco sempre di capire il punto di vista degli altri, spesso riesco a comprendere quello che le persone fanno e ad intuire diverse possibili motivazioni per comportarsi, per vivere, in una certa maniera, ma il capirli non mi impedisce di rimanere basito e, più spesso, disgustato.
La parola d'ordine è competitività, ai miei occhi però questa parola perde tutto quello che potrebbe avere di positivo soltanto al pensiero del mare di mediocrità in cui è immerso: si compete per superare l'avversario non per raggiungere l'eccellenza nel proprio campo, non per fare il meglio di quello che sarebbe possibile, non per dare il meglio di sè.
La parola d'ordine è competitività: ma come si può vivere competendo? Il progresso non dovrebbe salvarci dalla competizione per la sopravvivenza?
Nel mondo in generale, e in queste aziende soprattutto, lavoriamo per generare progresso e civiltà ma non riusciamo a slegarci dalle mere leggi di natura.
Come possiamo parlare di civiltà quando parliamo di esseri umani? Come possiamo guardare ai gorilla d montagna delle foreste del Virunga e non provare invidia? Credo che ci siano veramente pochi esseri umani civili sulla Terra e sicuramente nessuna nazione, tra quelle riconosciute, che possa dirsi civile. Come possiamo definirci civili quando in realtà continuiamo imperterriti a vivere secondo la cosiddetta "legge della giungla", la "legge del più forte"? Ho detto più volte che la legge del più forte, se così la vogliamo chiamare, è l'unica che ha ragione di esistere e, in un certo senso, anche l'unica giusta, ma nel caso degli esseri umani ci sono due pesanti aggravanti:
1) il nostro cervello e le sue potenzialità ci offrono la possibilità di andare oltre questa legge, di poter essere civili, di poter vivere in modo più sereno rispetto ai leoni e alle gazzelle, possibilità che noi abbiamo rifiutato ogni giorno "dall'alba dei tempi";
2) gli animali, che hanno un livello più basso di coscienza e consapevolezza, vivono secondo questa legge ma con misura, mangiano per sfamarsi, bevono per dissetarsi, a differenza nostra che mangiamo e beviamo ormai esclusivamente per gusto, per piacere e che per continuare a sfamarci e dissetarci ci inventiamo ogni giorno una nuova fame e una nuova sete e, quando non ci pensiamo da soli, c'è sempre qualcuno pronto a solleticarci con qualcosa di nuovo e gustoso a cui difficilmente riusciamo a resistere.

Vorrei continuare a dire tante altre cose, ma quando l'amarezza cresce piano piano in me, arriva ad un punto in cui i pensieri si accavallano e si rincorrono senza la possibilità per me di riordinarli e scriverli, diventano una tenebra oscura tra cui è difficile farsi largo e ritrovare la strada che si voleva seguire. Allora meglio fermarsi, sedersi tranquilli, cercare di rilassarsi pensando ad altro, finchè le tenebre non svaniscono per darti un piccolo sollievo, almeno fino alla prossima volta, fino al prossimo abbraccio della tenebra, sperando che non sia troppo presto... un abbraccio che però, in cuor mio, già mi manca.

NOW ON AIR: "Evolution" Korn