Il leone e la gazzella
Sono laureato in ingegneria informatica e il mio futuro dovrebbe essere quello di lavorare in un'azienda, di informatica, di elettronica, non importa.
Ma come si può lavorare in un ambiente in cui non solo il concorrente è visto come un nemico, ma lo stesso cliente è considerato un avversario.
In una situazione del genere sei continuamente circondato e devi difenderti da tutto e da tutti; e difendersi non basta, ci si aspetta che tu combatta, che tu prevenga, che tu uccida, naturalmente in senso figurato. Quando mi trovo a contatto con persone che fanno già parte di questo mondo non posso non provare un forte senso di disgusto, è più forte di me: io cerco sempre di capire il punto di vista degli altri, spesso riesco a comprendere quello che le persone fanno e ad intuire diverse possibili motivazioni per comportarsi, per vivere, in una certa maniera, ma il capirli non mi impedisce di rimanere basito e, più spesso, disgustato.
La parola d'ordine è competitività, ai miei occhi però questa parola perde tutto quello che potrebbe avere di positivo soltanto al pensiero del mare di mediocrità in cui è immerso: si compete per superare l'avversario non per raggiungere l'eccellenza nel proprio campo, non per fare il meglio di quello che sarebbe possibile, non per dare il meglio di sè.
La parola d'ordine è competitività: ma come si può vivere competendo? Il progresso non dovrebbe salvarci dalla competizione per la sopravvivenza?
Nel mondo in generale, e in queste aziende soprattutto, lavoriamo per generare progresso e civiltà ma non riusciamo a slegarci dalle mere leggi di natura.
Come possiamo parlare di civiltà quando parliamo di esseri umani? Come possiamo guardare ai gorilla d montagna delle foreste del Virunga e non provare invidia? Credo che ci siano veramente pochi esseri umani civili sulla Terra e sicuramente nessuna nazione, tra quelle riconosciute, che possa dirsi civile. Come possiamo definirci civili quando in realtà continuiamo imperterriti a vivere secondo la cosiddetta "legge della giungla", la "legge del più forte"? Ho detto più volte che la legge del più forte, se così la vogliamo chiamare, è l'unica che ha ragione di esistere e, in un certo senso, anche l'unica giusta, ma nel caso degli esseri umani ci sono due pesanti aggravanti:
1) il nostro cervello e le sue potenzialità ci offrono la possibilità di andare oltre questa legge, di poter essere civili, di poter vivere in modo più sereno rispetto ai leoni e alle gazzelle, possibilità che noi abbiamo rifiutato ogni giorno "dall'alba dei tempi";
2) gli animali, che hanno un livello più basso di coscienza e consapevolezza, vivono secondo questa legge ma con misura, mangiano per sfamarsi, bevono per dissetarsi, a differenza nostra che mangiamo e beviamo ormai esclusivamente per gusto, per piacere e che per continuare a sfamarci e dissetarci ci inventiamo ogni giorno una nuova fame e una nuova sete e, quando non ci pensiamo da soli, c'è sempre qualcuno pronto a solleticarci con qualcosa di nuovo e gustoso a cui difficilmente riusciamo a resistere.
Vorrei continuare a dire tante altre cose, ma quando l'amarezza cresce piano piano in me, arriva ad un punto in cui i pensieri si accavallano e si rincorrono senza la possibilità per me di riordinarli e scriverli, diventano una tenebra oscura tra cui è difficile farsi largo e ritrovare la strada che si voleva seguire. Allora meglio fermarsi, sedersi tranquilli, cercare di rilassarsi pensando ad altro, finchè le tenebre non svaniscono per darti un piccolo sollievo, almeno fino alla prossima volta, fino al prossimo abbraccio della tenebra, sperando che non sia troppo presto... un abbraccio che però, in cuor mio, già mi manca.
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5 commenti:
Hai ragione, e sarebbe molto più bello ke gli uomini unissero le proprie capacità ed esperienze per costruire qualcosa insieme , anzichè farsi a gara.
Mi fa ridere quando viene richiesta la capacità di lavorare in gruppo, ma a che serve se ormai tutti vogliono primeggiare ... ? :-(
@Serendipity: Non so che dire... ti adoro per quello che hai scritto.
Nel lavoro di gruppo non c'è competitività, altrimenti non si potrebbe definire "gruppo". Se c'è competitività tra gruppi, nelle dosi giuste potrebbe anche far bene. Il campo dell'informatica non è di certo un campo fiorito, però all'interno di un gruppo io vedo la voglia di aiutarsi a vicenda per superare l'ostacolo. Certo, non superarlo in modo perfetto, ma andare avanti. Conosci anche tu l'impossibilità (inutilità) di realizzare qualcosa di perfetto in ambito aziendale: basta che il cliente sia soddisfatto. La perfezione, se esiste, è da cercare in altre cose ;)
@Franciov:
1) nessuno ha parlato di perfezione;
2) secondo me si dovrebbe proporre il prodotto migliore che si è in grado di offrire, naturalmente assecondando opportuni vincoli di tempo e costo, non fornire soltanto il minimo necessario ad essere pagati;
3) in un gruppo "dovrebbe" esserci la voglia di aiutarsi, da qui a dire che c'è sempre e da parte di tutti, ce ne vuole;
4) comunque il mio discorso principale non riguardava tanto la competitività all'interno del gruppo, quanto in una visione più ampia in cui vengono coinvolti l'informatica, i clienti, la vita di tutti i giorni: prendi gli esami universitari, sono per almeno il 50% (e voglio essere buono) un tentativo di fregare il prossimo, in questo caso il professore;
5) quando facciamo i colloqui di lavoro, ci alleniamo per imparare a dire quello che serve per avere il posto di lavoro e questa non ti sembra competitività?
6) comunque per te, da quel che ho capito, non è un problema, anzi può essere positiva, io, da bravo filosofo, ti dico che sicuramente la competitività non è cattiva di per sè, dipende tutto dalllo scopo e dalle modalità;
7) per quel che riguarda i rapporti all'interno di un gruppo di lavoro... evidentemente sono io che sono stato sfortunato (non parlo a livello universitario, qui si pensa solo a passare l'esame, è quasi normale fare il bene di tutti) trovando degli ambienti non propriamente idilliaci.
M'hai quasi convinto... :P
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