L'uomo dai denti tutti uguali
L'uomo dai denti tutti è uguali non è il solito libro di Philip K. Dick. Ho imparato ad amare Dick come autore di fantascienza e di ucronia (storia alternativa), ma questo libro non appartiene a nessuna di queste due categorie e, sinceramente, non riesco ad inquadrarlo pienamente in un genere. Non assomiglia a nulla che io abbia letto prima e non racconta nulla di particolarmente interessante ma, nonostante questo, non sono riuscito a staccarmene finché non l'ho finito. Non so se fosse la speranza che il fantascientifico o il metafisico Dick spuntasse all'improvviso fuori, ma sono andato avanti imperterrito nonostante la storia non fosse affatto avvincente. La lettura però scorreva del tutto liscia, senza intoppi, senza rallentamenti dovuti alla stanchezza o alla noia. Come è possibile che un libro di 324 pagine che non ti piace non ti annoi? Evidente lo stile dello scrittore ha un grande merito in questo: se qualcuno riescie a tenerti attaccato ad una storia normale, deve essere veramente bravo a scrivere.
Si tratta di una storia di vicinato e famiglia in un piccolo ed isolato centro abitato della California del sud. Mogli, mariti, rapporti di vicinato difficili, lavoro, sceriffi e veterinari di campagna annoiati... e storie quotidiane di un passato non troppo lontano.
Mentre scrivo mi viene un'idea molto suggestiva, questo libro dalla trama semplice, nella sua semplicità, riesce in una specie di magia: il fantastico, che normalmente si trova nei libri di Dick, qui si manifesta nell'atto stesso del leggere. L'inconsueto, tipico dei racconti dickiani, non è più solo scritto e di conseguenza immaginato dal lettore, bensì diventa realtà: lo straordinario che scaturisce dall'ordinario, il lettore avvinto e per nulla annoiato da una storia quasi del tutto normale.
Consigliato solo ai grandi amanti di Dick, "per vedere l'effetto che fa".
Per tutti gli altri, fortemente sconsigliato.
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