domenica, ottobre 24, 2010

Salsa messicana

Oggi voglio scrivere di cibo e... voglio anche fare pubblicità.

Mi piace il cibo, ma cerco di limitarmi. Preferisco evitare il superfluo: mangio per sostentare il mio corpo, non per soddisfare le mie papille gustative. Ogni tanto però mi piace gratificarmi mangiando anche alimenti superflui ma gustosi.

Questa settimana, grazie a mio fratello, ho conosciuto l'ultimo prodotto di casa Calvé: la salsa messicana.

Semplicemente deliziosa, per gli amanti dei sapori forti. Sono cinque giorni che la metto quasi su tutto: carne, pesce, insalata, pane, verdure varie e, alla fine, me la sono sparata anche liscia... mentre ne scrivo mi viene l'acquolina in bocca. Meno male che è quasi finita, meno male per il mio fisico, è buonissima ma sono completamente consapevole che non sia il più sano degli alimenti. Non credo ci sia niente di male nel concedersi ogni tanto anche qualche "schifezza" che fa bene allo spirito.

Prodotto vivamente consigliato (giuro che non ho preso soldi dalla Calvé, ma se dovesse arrivare un contributo volontario non lo rifiuterei :-), ovviamente... magari una fornitura di salse per un anno).

NOW ON AIR: "Money for nothing" Dire Straits

venerdì, ottobre 22, 2010

La strada


La strada è un romanzo di Cormac McCarthy (autore anche del molto apprezzato Non è un paese per vecchi) che si è aggiudicato il Premio Pulitzer nel 2007. In Italia è edito da Einaudi e questo, per gli appassionati di libri, farà già capire quanto mi sia costato acquistarlo (Einaudi offre ottimi prodotti, ma a prezzi decisamente superiori alla media), non mi dispiace però spendere soldi per ottimi libri. Ora vorrei cercare di capire se La strada è un ottimo libro oppure no.
Il libro in questione racconta le vicende di un padre e di un figlio, entrambi senza nome, che cercano di sopravvivere in un mondo post-apocalittico, nero, buio, secco, bruciato. Del mondo che conosciamo sono rimaste soltanto ombre: case abbandonate, strade ricoperte di cenere e uomini che sono le ombre di se stessi. Il sole è costantemente coperto e non riesce mai a donare un minimo di tepore; si vive così come in un inverno perenne, in cui la speranza non può sopravvivere. Dove non vi è speranza fiorisce, come spesso accade, l'anarchia, la violenza, l'aberrante e, quindi, la diffidenza, prima, e la paura, poi, che occasionalmente si trasforma in terrore.
L'uomo protagonista del racconto è davvero sfortunato, non è sopravvissuto da solo, infatti, insieme a lui c'è anche suo figlio. Si, ho scritto proprio sfortunato, se fosse stato solo, in un mondo con niente più da offrire, abbandonato completamente dalla speranza, avrebbe potuto gettare la spugna, come molti altri avranno sicuramente fatto. Avrebbe potuto lasciarsi morire di fame, impiccarsi, o spararsi con la pistola che si porta sempre dietro. Con lui però c'è suo figlio e non so dire se sia più facile o più difficile andare avanti con un tale peso sulle spalle: sapere che lui è ancora vivo e per lui, per il proprio piccolo figlio, non c'è un futuro diverso dal terribile e soffocante presente. Come puoi andare avanti quando a tuo figlio non puoi offrire altro che Pestilenza, Carestia, Guerra e Morte? I quattro cavalieri dell'Apocalisse rendono, infatti, bene l'idea di cosa riserva il futuro ai sopravvissuti: malattie, anche banali ma che non è più possibile curare, fame, lotta per la sopravvivenza che porta l'uomo a combattere contro i suoi simili, con maggiore tenacia e ferocia di quanto già non faccia, infine la morte, dell'uno o dell'altro.
I contenuti per un ottimo libro ci sono tutti, secondo me. Purtroppo manca la forma: lo stile è fin troppo sterile, semplice, asciutto. Lo scopo è forse quello di supportare la sterilità, la crudezza e la limitatezza dell'ambientazione e delle situazioni ma spesso risulta esagerato. Spesso l'effetto finale è quello di una lunga sequenza di banali pensierini da seconda elementare.
Il risultato è un racconto ricco di spunti di riflessione ma ben lungi dall'essere un ottimo libro: a mio giudizio, insomma, un libro mediocre, incapace di commuovere davvero, incapace di trasmettere al lettore qualcosa che non potrebbe trasmettersi da solo. Non c'è creazione, nulla che cresca e venga generato nel lettore direttamente dalle parole dell'autore. Insomma, se non si è padri, difficilmente si potrà essere emozionati da La strada e un libro senza emozioni è più simile ad un elenco telefonico che ad un romanzo.

NOW ON AIR: "The fantasy" 30 Seconds To Mars

domenica, ottobre 10, 2010

Noi marziani


Sono passati alcuni anni da quando la colonizzazione di Marte ha avuto inizio, ma il proggetto non ha avuto il successo sperato. Solo pochi esseri umani hanno deciso di trasferirsi e non c'è molto da stupirsi, viste le difficili condizioni in cui vivono: isolamento, difficoltà negli spostamenti via terra, razionamento dell'acqua.
Gli attori principali delle vicende marziane sono i coloni, esseri umani terrestri che hanno abbandonato il pianeta di origine per diverse ragioni e che cercano di costruirsi una vita perlomeno decente sul pianeta rosso, con tutte le difficoltà dovute all'ambiente ostile.
Personaggi secondari, ma comunque importanti, risultano essere gli indigeni, esseri umanoidi, ma molto diversi dagli esseri umani sotto diversi aspetti, originari di Marte. Esseri poco civilizzati con una cultura simile a quella di alcune popolazioni terrestri che vivono ancora a stretto contatto con la natura, totalmente prive di tecnologia e organizzazioni sociali complesse. La maggior parte di questi preferiscono mantenere al minimo i contatti con gli esseri umani, aiutati in questo da un generale disinteresse dei colonizzatori nei confronti di un popolo alquanto primitivo, altri, invece, hanno scelto di vivere a stretto contatto con i coloni lavorando in qualità di servitù presso i più agiati di loro.
Il pianeta non offre grandi ricchezze, quindi chi si arricchisce lo fa principalmente tramite il contrabbando di prodotti importati illegalmente dalla Terra.
A metà strada tra i due punti di vista, quello umano e quello marziano, troviamo quello di un ragazzino autistico: emarginato dai terrestri in quanto inutile alla comunità, rinchiuso in una struttura psichiatrica insieme a diversi altri bambini "speciali", l'incontro con i marziani porterà ad inaspettati sviluppi.
Il suo punto di vista sul mondo è completamente diverso da quello dei "normali", Dick ce lo descrive molto accuratamente: l'apparenza è quella di una visione estremamente distorta della realtà e, sotto certi punti di vista, malata. Su ogni scena si torna più volte, in capitoli differenti, vista dalla prospettiva tradizionale, da quella "speciale" del bambino, e, più avanti, anche da quella intermedia dello schizofrenico tecnico riparatore che si è avvicinato al bambino per cercare di farlo comunicare con l'esterno. Certe scene mettono quasi paura per la cupezza e la "decadenza" che le contraddistingue, ma più si va avanti e più cresce la convinzione che la visione che si era definita distorta non lo sia poi così tanto come si pensava.
Mentre si cercherà di capire se la sua condizione gli permetta effettivamente di prevedere il futuro, questo ragazzino si troverà al centro delle vicende che coinvolgono diversi personaggi apparentemente senza connessioni, ma che alla fine si riveleranno tutte collegate, direttamente o indirettamente.

Non uno dei migliori libri di Dick che io abbia letto ma offre diversi spunti di riflessione e questo è ciò che secondo me fa di questo libro un buon libro.

NOW ON AIR: "White wedding" Billy Idol

domenica, ottobre 03, 2010

Occhi di cane azzurro


Ancora un libro di Gabriel Garcia Marquez e ancora una delusione (molto più grande di quella relativa a Cent'anni di solitudine).

Occhi di cane azzurro è una raccolta di racconti brevi accomunati dal tema della morte. Morti violente, morti apparenti, vite apparenti che si rivelano morti reali, sogni di morte, assassini. Tanti aspetti della morte descritti in modo molto poetico ma, a mio avviso, per niente coinvolgente. Ho fatto una gran fatica per leggerlo tutto. Ho fatto una gran fatica perché non sono riuscito a trovare un messaggio, non sono riuscito ad afferrare quello che l'autore voleva comunicarmi. Non sono riuscito a sentire niente. Leggevo parole su parole, scritte bene, scritte con un buono stile, scritte con una buona struttura, ma dove sta il contenuto? Qual è il contenuto? Cosa avrebbero dovuto ispirarmi i racconti, quali sentimenti? Quali idee?
Forse avrebbero dovuto consapevolizzarmi sull'ineluttabilità della morte? Quale idea più banale di questa? Davvero le persone non sono consapevoli del fatto che la morte non può essere né evitata né ingannata? Davvero gli esseri umani sono così distratti rispetto al proprio inevitabile destino? Dovrebbe essere un libro a ricordarmi che la morte ci circonda, che essa è praticamente dovunque in ogni istante? Se è così sarebbe davvero un libro banale. Preferisco pensare di non averlo capito, per me, non per l'autore, non mi importa nulla di lui. Non mi stupirebbe affatto che uno scrittore scrivesse un libro senza contenuto, ma mi infastidisce il fatto che io non riesca a trovarci proprio nulla. Nulla dal punto di vista emotivo, nulla dal punto di vista razionale.
Penso che questo libro segnerà la mia definitiva rottura con il signor Gabriel Garcia Marquez, non che ci fosse molto da rompere, ma credo che non leggerò più niente di lui... per non annoiarmi inutilmente.

NOW ON AIR: "Englishman in New York" Sting