martedì, marzo 29, 2011

Il cervello divertente

Sul web ho trovato questa divertente battuta riferita al cervello delle donne; sottolineando che secondo me, invece, è applicabile agli esseri umani in generale (sia maschi che femmine) voglio riportarla.
Si tratta di uno spassoso gioco di parole che fa riferimento alla nota divisione del cervello umano in due emisferi, uno destro e uno sinistro, basato sulla semantica multipla tipica di molte parole inglesi, sono quindi obbligato a riportarla in lingua originale

On the left side, there is nothing right.
On the right side, there is nothing left.

Questa è la traduzione letterale
Nel lato sinistro, non c'è niente di giusto.
Nel lato destro, non c'è rimasto niente.


NOW ON AIR: "Carry on my wayward son" Kansas

sabato, marzo 26, 2011

150 anni di unità: non di democrazia

Abbiamo festeggiato i 150 dell'unità d'Italia, non della democrazia, quindi mi sembra giusto insultare chiunque non la pensi come noi.

Quelli che pensavano che fosse una festa inutile (tanti).
Quelli che pensavano che anche se l'anniversario dovesse essere celebrato non si sarebbe dovuto indire un giorno di festa nazionale (tantissimi).
Quelli che pensavano che, poiché non vogliono far parte dell'Italia, fosse giusto, coerente e, se vogliamo, anche rispettoso non presenziare alle celebrazioni (anche se facenti parte del governo, per chi ancora non ha capito parlo dei ministri e dei parlamentari della Lega Nord).
Quelli che non hanno voluto spendere 5 miseri euro per comprare una bandiera tricolore da sventolare da balcone per l'occasione (quando queste cose si facevano durante il fascino si era ridicoli, adesso si è patrioti).

Metto da parte il sarcasmo e dico: benvengano quelli che la pensano diversamente, quelli che non vanno ciecamente dietro a parole vuote e senza senso (patria, patriottismo, nazione), e soprattutto benvengano i leghisti che non vogliono far parte dell'Italia e lo dicono. Ce la prendiamo sempre con i leghisti ma l'Italia è piena di movimenti indipendentisti, in Sardegna, in Sicilia, in Friuli, in Trentino.
Sono una minoranza della popolazione totale? Sicuramente, ma questo cosa vuol dire che valgono meno degli altri? Che la maggioranza deve sempre prevalere sulla minoranza? E va bene, se le cose stanno così, allora è giusto che non si puniscano quelli che evadono le tasse, perché la maggior parte dei cittadini lo fa direttamente o indirettamente; allora è giusto corrompere e concutere, dare e accettare raccomandazioni, prendere le scorciatoie e crearle, perché la maggior parte dei cittadini lo fa o non dice niente quando vede farlo.
Gli indipendentisti non ti dicono che cosa fare a casa tua, vogliono semplicemente decidere cosa fare della loro terra, delle loro case, del loro denaro, io non ci vedo niente di assurdo: quando il lombardo-veneto combatteva per "liberarsi dall'oppressione" austriaca eravamo tutti dalla sua parte, se adesso combattesse per liberarsi dall'Italia, preferiremmo ammazzarli tutti piuttosto che vederli vittoriosi. Solo a me questo sembra terribilmente assurdo, illogico, irrazionale?
Sempre più spesso penso che sarebbe stato meglio se l'Italia non fosse mai stata unita.

NOW ON AIR: --silenzio--

150 anni di unità: altrettanti di ipocrisia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861

Ecco che cosa "abbiamo festeggiato" lo scorso 17 marzo.

Piccola nota storica: la presa di Roma, ovvero la sua sottrazione al controllo dello Stato pontificio risale soltanto al 1870, e il trasferimento della capitale d'Italia a Roma è dell'anno successivo (1871).

Posso essere d'accordo nel festeggiare il 1861 come anno dell'unità d'Italia in quanto amministrativamente è in quell'anno che l'Italia si è formata, come riportato dalla citazione in alto. Ma materialmente non sarebbe più giusto considerare il 1870 l'anno da festeggiare, l'anno in cui tutti gli italiani si sono ritrovati sotto una stessa bandiera? Ovviamente no, non si può, probabilmente per gli stessi motivi che ci impediscono di eliminare il catechismo dalle scuole pubbliche, scusate errore mio, non il catechismo ma l'insegnamento della religione cattolica. Probabilmente per gli stessi motivi che ci impediscono di far pagare alle istituzioni ecclesiastiche che risiedono sul territorio italiano, le stesse tasse che tutti quelli che non sono ecclesiastici pagano. Ma non vorrei divagare, il punto è un altro.

La Chiesa ha avuto un ruolo molto importante nei recenti festeggiamenti e l'assurdità di ciò mi sembra già abbastanza chiara, ma approfondiamo. Rileggiamo le parole del Cardinale Bagnasco.
[Dell'Italia] "tutti ci sentiamo oggi orgogliosamente figli perchè a lei tutti dobbiamo gran parte della nostra identità umana e religiosa". Dice il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nell'omelia pronunciata davanti alle massime autorità dello Stato.
"Siamo qui per elevare a Dio l'inno di ringraziamento per l'Italia. Non è retorica, nè tantomeno nostalgia quella che ci muove, ma la consapevolezza che la Patria che ci ha generato è una preziosa eredità e insieme una esigente responsabilità. L'Eucaristia che stiamo celebrando in questa Basilica di S. Maria degli Angeli, uno degli innumerevoli scrigni di bellezza custoditi dal nostro Paese, ci invita ad oltrepassare le contingenze del momento presente e ad allargare lo sguardo a quella singolare Provvidenza che ha condotto gli italiani a diventare sempre più consapevoli dell'Italia", ha continuato.
Bagnasco ha inoltre ricordato che "ben prima dell'Italia in senso stretto è esistita una sotterranea tensione morale e spirituale in cui si sono forgiate la lingua e progressivamente la sensibilità e la cultura e che ha condotto, per vie non sempre rettilinee, a dar vita all'Italia". Un passato che vede dunque i cattolici protagonisti a pieno titolo della storia dell'Unità italiana. "L'unificazione - ha ricordato il presidente della Cei citando il messaggio di Benedetto XVI al presidente della Repubblica - è il naturale sbocco di un'identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo. E' questa la vera forza della società e dello Stato, il tesoro più grande da custodire con amore e da trasmettere alle giovani generazioni".
Queste cose mi danno sempre alla testa e risulta molto difficile per me commentare con lucidità, quindi mi limiterò a dire che, se fosse stato per la Chiesa, oggi Roma non sarebbe la capitale d'Italia e, forse, buona parte del Lazio farebbe ancora parte dello Stato della Chiesa.
Queste persone non hanno alcuna vergogna, il peggio è che molte più persone non si rendono conto di quanto siano ipocriti, falsi e meschini i loro "saggi" maestri di vita spirituale. Che pena.

Ma forse tutto si spiega con questa affermazione di Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana: "l’intero mondo cattolico, sia pure non senza momenti di attrito e di difficile confronto, è stato protagonista di rilievo della vita pubblica, fino ad influenzare profondamente il processo di formazione ed approvazione della costituzione repubblicana". Probabilmente, quindi, non sono nè idioti nè ipocriti, sono solo un po' rincoglioniti e hanno confuso l'Unità d'Italia con la nascita della Repubblica in cui tutti, credo, siamo disposti ad ammettere che la Chiesa ha avuto un ruolo fondamentale insieme ad altri attori non meno importanti.
Ovviamente, quest'ultimo capoverso era interamente di natura sarcastica.

NOW ON AIR: --silenzio--

venerdì, marzo 18, 2011

150 anni di unità: un'orgoglio lungo... un giorno

17 marzo: manifestazioni in tutta Italia, si contano più bandiere tricolori che durante i mondiali di calcio (strano). Siamo (quasi) tutti orgogliosi di far parte di questo splendido paese, orgogliosi di essere un popolo unito sotto un'unica bandiera, orgogliosi della nostra storia.

18 marzo:
- splendido paese di cui non perdiamo occasione di parlar male;
- un popolo unito nelle sue divisioni, talmente unito che ci ammazziamo per questioni di viabilità, talmente unito che i nostri anziani muoiono in casa da soli senza che nessuno se ne accorga, anche in condomini con decine di famiglie, talmente unito che se ti senti male per strada devi considerarti fortunato se qualcuno chiama il 118;
- orgogliosi di una storia che neanche conosciamo, di cui non ci interessiamo, se non una volta ogni 150 anni.

Non voglio sembrare semplicistico, disfattista o cinico, semplicemente non credo nel concetto di patria e non credo nelle espressioni estemporanee di orgoglio, soprattutto se legate a manifestazioni pubbliche. Come ho espresso più volte, non credo nei sentimenti generalizzati, così come non credo nella generalizzazione dei soggetti e in quella degli oggetti. Sotto certi aspetti sono orgoglioso di come io sono fatto, di alcune mie caratteristiche, tra queste non c'è quella di essere nato sul territorio italiano. Altre mie caratteristiche non mi rendono orgoglioso, ma tra queste non c'è quella di essere nato sul territorio italiano. Non sono orgoglioso di condividere la nazionalità con persone più o meno illustri, ma sono felice che alcune persone abbiano fatto e facciano parte della mia vita e che abbiano contribuito a fare di me quello che sono, nel bene e nel male, indipendentemente dalla loro nazionalità, o dalla mia.

giovedì, marzo 17, 2011

150 anni di unità: orgoglio nazionale

Orgoglio nazionale è l'orgoglio di appartenere ad una nazione, semplice a dirsi, ma cosa è veramente una nazione? Molti non sanno che la Nazione non è lo Stato.
Per questa distinzione non devo ringraziare Wikipedia ma il mio enorme (in tutti i sensi) professore di storia e filosofia del liceo. Lo stato è fondamentalmente una suddivisione amministrativa, del tutto arbitraria e territoriale delle terre emerse di questo pianeta. La nazione, invece, identifica un insieme di persone che condividono etnia, storia, cultura, tradizioni, lingua, religione. Facciamo qualche esempio di nazione: gli ebrei costituiscono una nazione, da sempre, i baschi sono sicuramente una nazione, ma anche gli scozzesi e gli irlandesi, pensando alle disgrazie di questi giorni dico che i giapponesi costituiscono senz'altro una nazione e potremmo fare tanti altri esempi. Ma gli italiani? Noi italiani siamo veramente una nazione? Dalle Alpi a Lampedusa condividiamo veramente qualcosa che non sia l'amministrazione statale? Io dico che non condividiamo un bel niente.

Non condividiamo di certo la lingua. L'italiano per molti italiani è come l'inglese per le comunicazioni internazionali: ci si sforza di parlare italiano per comunicare tra persone che fanno parte, spesso loro malgrado, dello stesso stato. Casi estremi: in Alto-Adige (Sudtirol), Valle d'Aosta e Friuli vivono diverse persone che non conoscono l'italiano e non lo parlano o lo parlano come "lingua straniera". Anche in situazioni meno estreme l'italiano non è così condiviso come ci piace pensare, in molte parti d'Italia il dialetto resiste strenuamente; dove non si trova lo storico dialetto spesso si possono incontrare strane mescolanze di lingue e dialetti che davvero hanno poco a che fare con l'italiano e che sono difficili da comprendere. Io faccio fatica a capire cosa dice un giovane di San Donato Milanese se questo non fa lo sforzo di parlare in italiano con me, ma può risultarmi difficile comprendere anche quello che dicono alcuni adolescenti che vivono in zone periferiche di Roma, città in cui sono nato e cresciuto. La lingua nazionale non può esistere per sola imposizione amministrativa.

Sicuramente non condividiamo l'etnia, probabilmente l'Italia è uno dei paesi del "vecchio mondo" che presenta la maggiore mescolanza di origini.

Qualcuno dice che condividiamo la storia: sicuramente "le storie" delle nostre regioni si intrecciano tra loro, ma molte regioni italiane, dal punto di vista della storia, sono molto più strettamente legate a stati esteri che ad altre regioni italiane.

Delle tradizioni neanche ne parlo: non credo ci sia niente di più disaggregante delle tradizioni locali, soltanto queste secondo me basterebbero a concordare sul fatto che non siamo una nazione.

La religione sicuramente non ci identifica come popolo, perché non così condivisa come il papa vorrebbe farci credere e perché allora dovremmo essere un'unica nazione con la Spagna, il Portogallo e il Sud-America.

Per concludere, anche se potessimo definirci una nazione, non vedo alcun motivo per esserne orgoglioso, sarebbe solo un retaggio della mia nascita, che non ha nulla a che fare con me... di cosa dovrei essere orgoglioso? Dovrei essere orgoglioso di essere connazionale di mafiosi, camorristi, 'ndranghetisti, politici, brigatisti, terroristi neri? Le loro colpe non sono le mie colpe, ma come posso essere felice di essere "figlio" del loro stesso popolo? Dovrei essere orgoglioso di essere connazionale di premi nobel, illustri letterati, menti geniali e filantropi vari? Cosa c'entro io con i loro pregi o le loro lodevoli eredità all'umanità?

Siamo individui, per la miseria, io posso essere orgoglioso o meno di essere me stesso, di come sono... io so di essere romano, ma non sono orgoglioso di esserlo, sono contento di esserlo, ma di certo non orgoglioso perché non c'è nessuno merito nell'esserlo e l'esserlo sicuramente ha influito su quello che sono oggi e che sarò domani, ma non posso dare colpa alla romanità dei miei diffetti così come non posso dargli il merito dei miei pregi. Lo stesso vale per la mia italianità, che per me resta poco più di un dato anagrafico di natura puramente amministrativa.

150 anni di unità

Volevo dire un po' di cose sull'unità d'Italia e sui relativi festeggiamenti, ma mi sono reso conto che avrei rischiato di scrivere un enorme post molto confusionario, quindi scriverò una serie di post, possibilmente concisi, magari anche chiari, su vari aspetti dei festeggiamenti e del concetto stesso di unità nazionale, nonché di patriottismo e orgoglio nazionale.
Ho le scarpe piene di sassolini.

Qui premetto che non farò festa, per me il 17 marzo 2011 sarà un giorno come tutti gli altri.

sabato, marzo 12, 2011

Solaris


Solaris è innanzitutto un libro di Stanislaw Lem, scienziato e scrittore polacco del secolo scorso. Si tratta, a mio parere, di un ottimo libro, complessivamente ben scritto, ordinato, scorrevole e soddisfacente.
L'esplorazione umana dell'universo ha fatto passi da gigante e tra i tanti nuovi mondi che l'uomo ha raggiunto ce n'è uno che è incredibilmente più interessante degli altri, intorno al quale si è sviluppata un intera scienza, la solaristica. Il nome del pianeta in questione è, infatti, Solaris.
Si tratta di un pianeta quasi completamente ricoperto da uno strano oceano sicuramente organico che non solo sembra vivo ma addirittura senziente. Tale entità oltre ad essere estremamente affascinante dal punto di vista scientifico per le sue caratteristiche materiali comincia, ad un certo punto, a destare ulteriore interesse a causa di alcuni strani fenomeni che sconvolgono le esistenze degli scienziati che vivono su una stazione spaziale sospesa sulla superficie di questo misterioso oceano. Lo psicologo Chris Kelvin viene inviato sulla stazione dalla Terra per indagare e comprendere cosa stia accadendo allo staff scientifico ma anche lui rimane coinvolto dagli effetti della vicinanza con il pianeta.
Agli interessati scoprire come andrà a finire.

Solaris è però anche cinematografia.

Nel 1972, Andrej Tarkovskij ha girato un film ispirato al suddetto romanzo, adattandolo in molti punti ma attenendosi abbastanza fedelmente alle vicende descritte nel testo originale, se si esclude il finale. E' sicuramente consigliabile vedere il film in versione originale sottotitolata in italiano, in quanto la versione italiana risulta pesantemente tagliata, tanto che alcuni spettatori riportano di non aver capito granchè della storia raccontata nella verione italiana.
La versione integrale, però, non solo consta di circa 2 ore e 30 di pellicola, è necessario anche ricordare che si tratta di un film di Tarkovskij e quindi la leggerezza non rientra certo tra le sue caratteristiche peculiari.
Ritengo comunque che si tratti di una buona visione per chi ha già letto il libro (eviterei di vederlo senza aver prima letto il libro) e può essere vista magari in due sessioni distinte.


Nel 2002, Steven Soderbergh (con il supporto di James Cameron) decise di realizzare anche lui una sua versione cinematografica di Solaris, purtroppo. Interprete principale è George Clooney. Questa versione si discosta notevolmente sia dal libro che dalla precedente versione cinematografica, ma decisamente non in meglio, forse in modo interessante, ma in realtà l'aspetto fantascientifico è trattato in modo molto superficiale e marginale. La recitazione di bassa qualità, a partire proprio da un inebetito Clooney, non aiuta la qualità del film e quindi l'interesse dello spettatore.


La nota più positiva per quanto riguarda me (e questo credo dica molto sulla qualità del film di Soderbergh), è stata la possibilità di vedere un'attrice che io considero una delle più belle del mondo, Natascha McElhone, nonostante non mi convinca per niente la sua recitazione, in questo come in tutti gli altri film in cui l'ho vista.


NOW ON AIR: "Struggle for pleasure" Wim Mertens