giovedì, dicembre 31, 2009

I love Radio Rock



In questo periodo di vacanze ho voluto vedere qualche film. Tra questi ho particolarmente apprezzato "I love Radio Rock". Nonostante per i miei standard la qualità complessiva della pellicola sia alquanto scarsa, la musica rende il film degno di nota e degno di essere visto. Ho trovato la storia alquanto banale, se fosse stata soltanto una storia, raccontatami in qualche altra forma non avrebbe sortito alcune effetto sulla mia attenzione a lungo termine. Ma la musica è magica e nella sua magia c'è anche il potere di farti apprezzare un film che altrimenti sarebbe passato inosservato.
Questo film mi ha fatto riflettere su quanto la musica sia importante nelle nostre vite, nella mia in particolare. A me piace molto il silenzio, ma non posso fare a meno di alternarlo alla musica. Quante sensazioni e quante emozioni ci perderemmo se non ci fosse la musica? Forse è perché la musica è strettamente e intimamente legata ai ricordi, soprattutto ai ricordi delle emozioni e delle sensazioni. Anche quando non ne siamo completamente consapevoli una canzone che ci piace tanto probabilmente nel nostro intimo ci ricorda una persona, un'emozione, un sorriso, un abbraccio che abbiamo particolarmente apprezzato, un bacio che fatichiamo a dimenticare, un bel viaggio in macchina, una serata divertente tra amici, un vecchio amore, una persona cara perduta, un dolore che non vogliamo dimenticare.

Comunque la nota più negativa di tutte è la solita: perché cambiare sempre radicalmente il titolo dei film? Titolo originale "The Boat that Rocked". Il titolo poteva rimanere tranquillamente questo, a maggior ragione perché in Italia è uscito con un titolo in inglese e quindi il problema non era la lingua. Non mi sembra comunque che il titolo tradotto sarebbe stato così brutto: "La nave che dondolava", oppure, con un'altra accezione del termine rock, "La nave che spaccava". Certo si sarebbe perso il riferimento esplicito al Rock, ma allora perché non mantenere il titolo originale? Solo perché la gente può trovarsi in difficoltà al botteghino del cinema pronunciando un titolo in lingua straniera? La stessa difficoltà qualcuno potrebbe averla nel pronunciare "I love Radio Rock". Io per non avere problemi, quando compro i biglietti al cinema, invece di dire il titolo del film dico il numero della sala, se si tratta di multisala, altrimenti dico "due biglietti, grazie" oppure "tre biglietti, grazie". Non sempre però mi rispondono "Prego", ma questa è un'altra storia.

Ribadisco e preciso il giudizio, un film carino, per passare un paio d'ore in compagnia di buona musica e, magari, per i più giovani, un'occasione per conoscere della buona musica di qualche anno fa.

NOW ON AIR: "Let me be myself" 3 Doors Down

Intitolare una strada a Craxi non è poi così grave

Piccola rassegna stampa da www.ilmessaggero.it:

E' polemica dopo la decisione del sindaco di Milano Letizia Moratti di intitolare una via o un'area della città a Bettino Craxi a dieci anni dalla morte.

A dieci anni dalla morte e a diciassette dalla stagione dei processi per corruzione, Di Pietro non vede ragioni per rivedere il giudizio contro colui che affrontò in tribunale nel processo per le tangenti Enimont e scende in campo per contrastare il progetto della Moratti. «Facciamola questa piazza Bettino Craxi - scrive provocatoriamente il leader dell'Idv - ma sotto il nome, come in tutte le targhe, scriviamoci anche quel che era: "politico, corrotto, latitante"».

Tace anche il Pd, che deve forse ancora metabolizzare le passate riabilitazioni di Craxi (Fassino lo inserì nel «Pantheon» del partito, per Veltroni «innovò più di Berlinguer»).

Ma tutti gli ex socialisti finiti nel Pdl insorgono contro il vecchio nemico [Di Pietro, ndb] e Sandro Bondi definisce le parole del leader Idv «senza precedenti».

Da Pier Ferdinando Casini arriva un via libera alla via per Craxi accompagnato da un giudizio equanime sull'ex leader socialista: «Le vie d'Italia - è la sua considerazione - non devono necessariamente essere dedicate ai santi ma a personalità che hanno servito il proprio Paese. Credo che Craxi sia stato riabilitato già nei fatti molto prima di questa decisione della Moratti. Ha fatto errori, e certamente non ce ne possiamo dimenticare, ma ha avuto anche meriti».

«Faccio una proposta: a Bettino Craxi venga intitolata non solo una strada a Milano, la sua città, ma tante strade e piazze italiane. Solo così l'Italia potrà rendergli onore e ricordare la sua memoria». «Dobbiamo molto a Bettino - prosegue Rotondi - perché ha difeso fino alla fine il rispetto di un ordine democratico. Si apra un confronto serio, un dibattito ampio sull'eredità politica lasciata da Craxi e non ci si fermi a una polemica inutile e strumentale».

Bonaiuti: giusto intirolargli una via. «Stiamo parlando di un clima di dialogo tra persone serie, di un anno che si rinnova e mi pare giusto che a Bettino Craxi sia intitolata una strada, una piazza, un parco, qualcosa della sua Milano. Al di là di qualsiasi discussione», ha detto il portavoce del premier Silvio Berlusocni Paolo Bonaiuti, intervistato dal Gr Rai.

Frattini: restituirgli l'onore. «Non dobbiamo permettere che il decennale della scomparsa di Bettino Craxi ci butti in faccia una storia e una memoria manipolata». E che «una ferita ancora aperta - scrive il ministro degli esteri, Franco Frattini nella rubrica a sua cura sul sito internet del Velino - torni a farci male: dobbiamo impedire che l'idea di Letizia Moratti, di onorare Craxi, nella sua Milano, dedicandogli una strada, ridia improvvisamente voce a tutta la canaglia che ha cercato di annichilire questa nostra Italia, puntando ad attribuire ad una sola parte politica la responsabilità e la colpa della cosiddetta "questione morale"». Frattini spiega così che «celebrare Bettino Craxi non significa soltanto compiere una doverosa opera di risarcimento morale: per la sua famiglia e la sua comunità politica. Significa restituire l'onore, insieme, ad un politico lungimirante ed al suo Paese».


Leggendo alcuni dei commenti sopra riportati qualche brivido mi è venuto.
Ma riflettendo meglio ho capito come non sia poi così grave intitolare una via ad una persona dalla dubbia moralità, diciamo così. L'unica differenza tra Bettino Craxi e molti di quelli a cui una strada è già stata intitolata è che il primo lo abbiamo conosciuto. Lo abbiamo conosciuto nel senso che fa ancora parte della cronaca del nostro paese e non ancora della storia.
Difficilmente ci pensiamo, difficilmente ci vogliamo pensare, ma quante strade sono già intitolate a persone che alla loro epoca avevano una dubbia moralità?
Il primo che mi viene in mente, nettamente sopra a tutti glia altri, è Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei due mondi. Ma diversi storici sostengono che questo eroe non fosse altro che un mercenario, uno che era scappato dall'Italia chissà per quale motivo per diventare in Sudamerica prima un ladro di mandrie e poi un "mercenario della libertà". Tornato poi in Italia dove, secondo gli attuali libri di storia, combatté per puro spirito patriottico. Infine mandato in pensione a Caprera con tanti ringraziamenti e tanta riconoscenza... dopo tutta quella fatica neanche un po' di quattrini gli avranno dato?
E quanti tra quelli che compaiono sulle targhe delle nostre città, in segreto, nella vita privata, avranno avuto segreti? Quanti adulteri ci saranno, quanti pedofili, corrotti, corruttori, collusi, assassini, ladri e chi più ne ha più ne metta.
Possibile che tutti i personaggi cui abbiamo già intitolato una strada abbiano avuto una vita completamente limpida senza nessuna macchia, segreta o pubblica ma di cui ormai ci si è dimenticati dopo anni, decenni o secoli?
Quindi che differenza fa un mascalzone in più o uno in meno?
D'altronde con tutti i mascalzoni che abbiamo in parlamento chi se ne frega di un nome scritto su una targa.

UPDATE: Vorrei precisare il mio pensiero, se dovessimo intitolare strade soltanto alle brave persone o alle figure storiche dal passato impeccabile dovremmo cominciare ad utilizzare nomi di fantasia o intitolare strade a personaggi come Topolino, Paperino e Pluto. Comunque credo ci siano cose più importanti nella vita che i nomi delle strade, se un amministratore comunale intitola una strada a Craxi e poi nella sua attività giornaliera agisce nel bene e nell'interesse dei cittadini non penso che ci sia molto da lamentarsi. Chiarisco, infine, che se potessi decidere io, non intitolerei strade o piazze nè a Craxi, nè a Berlusconi, nè a Garibaldi... penso che eviterei completamente i personaggi della storia più o meno recente, preferendo fiumi, laghi, montagne, animali e piante.

NOW ON AIR: "Kings and Queens" 30 Seconds To Mars

domenica, novembre 08, 2009

Via il crocifisso dalle aule scolastiche

Sono contento che da qualche parte qualcuno abbia deciso che devono essere eliminati i crocefissi dalle aule scolastiche.
E' vero che in diverse aule i crocefissi sono assenti già da diversi anni, non dobbiamo pensare che in ogni aula di ogni scuola ci sia un crocifisso appeso: per esempio nella mia classe non c'era, anche se ogni tanto il professore di religione tentava di appendere un surrogato di crocifisso, magari cartaceo, che veniva puntualmente eliminato alla fine della sua lezione.
Questo, secondo me, sarebbe bello che succedesse, non che qualcuno ci imponesse di toglierlo, non che qualche genitore protestasse perchè tutti i simboli religiosi venissero allontanati dalle scuole, ma che gli studenti stessi di loro iniziativa rimuovessero il crocifisso dalla propria aula se questo disturba anche uno solo dei loro compagni di classe o se, più semplicemente, ritengono che la religione non debba interagire in alcun modo con la loro istruzione.
C'è chi dice che il crocifisso dovrebbe rappresentare un modello per i giovani in un mondo in cui di modelli sani non ce ne sono più, ma un oggetto che sta lì appeso al muro dall'asilo all'ultimo anno delle superiori come può essere un modello: diventerebbe un semplice oggetto, un arredamento. Se qualcun'altro lo mette lì, appeso al muro, ed io lo vedo sempre uguale tutti i giorni come se fosse un quadro, la foto del presidente della repubblica, il calendario, la lavagna... il crocefisso insieme a queste cose diventa soltanto un oggetto, banalizzato e privato di qualsiasi valore per chi lo vede tutti i giorni.
Confesso che per me il crocifisso è un oggetto senza alcun valore intrinseco, sarebbe come dire che il pupazzetto che rappresenta Gesù bambino nella mangiatoia, quello del presepe per capirci, abbia qualche valore spirituale: e allora perché si permette di venderlo nei supermercati e nelle bancarelle? Lasciamo stare che qualcuno per renderlo "sacro" dopo averlo comprato al supermercato lo porta dal prete per farlo benedire perché questa cosa è già sufficientemente ridicola, non c'è bisogno che io la ridicolizzi ulteriormente.
La scuola dovrebbe insegnare prima di tutto ad utilizzare il cervello, allora perché non permettere che gli studenti decidano se vogliono il crocifisso in classe? So perché la Chiesa cattolica non vuole che i nostri giovani imparino a ragionare con la loro testa, ma perché i genitori non lo vogliono? In realtà so anche questo, i genitori sono spesso i primi a non ragionare con la loro testa, e quando usano questo strumento donato loro dalla natura spesso sono convinti che gli altri non siano in grado di usarlo, i loro figli in primo luogo, quindi si sentono autorizzati a decidere al posto loro. Questi sono i primi due motivi che mi vengono in mente ma potrebbero essercene altri, sicuramente.
Penso che per i crocifissi ci sia abbastanza spazio nelle chiese, ai colli dei credenti più o meno convinti e nei cuori delle persone veramente credenti: è in quest'ultimo posto che i genitori veramente credenti dovrebbero preoccuparsi di trovare il crocifisso, dovrebbero preoccuparsi che i loro figli portino il crocifisso come simbolo prima nel loro cuore, e solo dopo preoccuparsi degli oggetti che comunque, come detto, possono sempre appendergli al collo, come fossero collari per cagnolini.
Se io fossi ancora studente non vorrei un crocifisso in aula, ma probabilmente non lo toglierei proprio perché si tratta di un oggetto e niente più, per me non avrebbe alcun valore, sarebbe più inutile del calendario che gli sta accanto, inutile, non dannoso o pericoloso, chi è abbastanza stupido da farsi guidare o modificare da un pezzo di legno verrebbe influenzato anche da un calendario o da una foto sul muro. Ho sempre pensato che ci sia poco da fare per queste persone, soprattutto quando anche gli insegnanti sono vittime di questo influenza malefica.

NOW ON AIR: "Youth of the nation" P.O.D.

giovedì, ottobre 22, 2009

Inquietudine

Mi arrabbio con te che vivi una vita mentalmente misera, una vita insignificante per la maggior parte della gente ma, quel che è peggio, una vita che è insignificante ai tuoi stessi occhi, anche se ti è difficile rendertene conto.
Mi arrabbio con te, ma forse è quella rabbia che nasce dall'invidia, perchè riesci a vivere nel nulla come se fosse tutto, mentre io vivo tutto come fosse nulla. Vivo in una vacuità assoluta nella quale non c'è nulla per cui valga la pena faticare, in cui ogni passo, ogni più piccolo gesto pesa come l'intero universo sulle mie esili spalle. Mentre tu fai tutto come se ci fossero mille motivi per farlo e mai, neanche per sbaglio, ti chiedi se ce ne sia almeno uno, soltanto un motivo vero, non necessariamente buono, per agire.
Se questa è la vita... io non sono mai stato vivo. Ma tuttora non riesco a dispiacermene, al massimo sono amareggiato dal fatto che non mi importi di tutto ciò, dal fatto che non mi dispiaccia di non avere quello cui tutti aspirano: una vita.

NOW ON AIR: (nothing)

lunedì, ottobre 12, 2009

L'amicizia perduta

Gli amici ti dicono che sono fortunati a conoscerti e che l'averti conosciuto è uno degli eventi più apprezzabili o più belli della loro vita.
Poi, però, appena ti comporti in un modo leggermente diverso da quello che loro si aspettano, appena fai qualcosa di diverso da quello che per loro è "essere amico", ti abbandonano. Potresti arrabbiarti per questo ma di solito non lo fai, forse perchè non capisci fino in fondo quello che sta succedendo, forse pensi che sia solo una fase, una difficoltà dell'altro, che appena l'avrà risolta ogni contrasto tra di voi si appianerà. Ma di solito non succede, è il tuo ex-amico invece che si arrabbia e tu sei ancora più confuso. Gli ex-amici si arrabbiano perchè tu non sei stato quello che loro si aspettavano che tu fossi: perchè non hai rispettato l'immagine che loro hanno dell'essere amico, o l'immagine che in quel momento volevano del proprio amico. Cioè in quel momento non volevano te, volevano quello che gli serviva, e non eri tu. Per questo si sono arrabbiati e hanno deciso che con te non vogliono avere più a che fare, perchè nel momento in cui avevano bisogno di qualcuno diverso da te, lì c'eri soltanto tu e non eri abbastnza, o addirittura non eri niente di quel che gli serviva. Allora via, nel dimenticatoio, avevo bisogno di un altro tipo di amico, quindi addio per sempre.
Ancora qualcosa dentro mi dice che dovrei essere io quello arrabbiato, ma riesco solo ad essere dispiaciuto. Per il mio amico? Assolutamente no, io lo considero ancora tale, come se non fosse cambiato niente, se lo incontrassi oggi per la strada mi comporterei come se non fosse successo niente. Perchè penso di essere stato trattato male? Forse un pochino all'inizio, ma non è questo il problema, ormai questa sensazione è passata. Penso, invece, che mi infastidisca ancora adesso il fatto di aver scoperto di essere apprezzato come amico non per quel che ero ma per quel che rappresentavo, finchè la rappresentazione che il mio amico aveva di me gli andava bene, finchè l'immagine di me che lui aveva corrispondeva a quella che lui voleva, siamo stati amici, quando si è reso conto che io non ero quella persona sotto tutti gli aspetti che lui desiderava, o meglio, quando ha visto un immagine diversa al posto di quella che lui apprezzava, ha deciso improvvisamente che non la voleva più vedere quell'immagine, e forse nessun altra immagine che mi riguardasse, quindi mi ha cancellato.
Ma quella era ancora un'immagine, come quella precedente, e quindi, potenzialmente ingannevole, sicuramente parziale, io non sono l'immagine che gli altri hanno di me, così come gli altri non sono l'immagine che io percepisco di loro. Io sono una persona, non che questo voglia dire qualcosa di particolare, ma è per questo che cerco tutte le volte che sono sufficientemente presente a me stesso di non giudicare le persone dalle loro immagini, valuto le immagini, questo si, perchè ne sento il bisogno, ma consapevole del fatto che non mi basta un'immagine per comprendere una persona.
Mi sono riferito genericamente ad un amico, ma questo discorso non riguarda un amico in particolare, e potrebbe adattarsi bene anche a qualche amica, o ex-amica.

NOW ON AIR: "One thing" Finger Eleven

giovedì, ottobre 08, 2009

La vita dopo la morte...

Ci sarà qualcosa dopo la morte?

Ma certo che si.
La vita di quelli che sopravviveranno a te.

NOW ON AIR: "Gods' dice" Pearl Jam

mercoledì, settembre 30, 2009

Dormire...

Sono stanco ma non voglio dormire,
il tempo speso dormendo è tempo sprecato.
Sono stanco ma è inutile dormire,
il sonno non mi ha mai ristorato.

domenica, settembre 06, 2009

L'uomo del futuro e la guerra

Conosco alcune persone che ritengono deprecabile l'essere umano, tra i tanti motivi che ci sono, anche per la sua tendenza naturale a fare guerra ai suoi simili. Spesso in momenti di poca lucidità anch'io l'ho pensata così.
Riflettendo meglio possiamo facilmente notare che l'uomo non è l'unico animale a ricorrere alla violenza per ottenere un vantaggio personale: non tutte, ma moltissime specie animali lottano per ottenere cibo, territorio e "riproduzione". Ma le nostre guerre sono tutt'altro.
Io, però, non ho mai conosciuto direttamente una persona che volesse fare guerra ad uno stato straniero. Panettieri, salumieri, edicolanti, netturbini, idraulici, bancari, studenti, magari provano il desiderio di picchiare qualcuno, di rivalersi per un torto subito, ma questo è molto diverso dal fare guerra ad uno stato straniero, ed è anche più comprensibile, sensato, ai miei occhi.
Ciò che trovo completamente insensato è che, invece, riusciamo a mandare al governo (non necessariamente noi italiani, ma noi esseri umani) sempre persone che dichiarano, provocano o sostengono guerre. Sarà colpa nostra o è assolutamente inevitabile che una volta al governo un uomo debba diventare servo della guerra o servo di uno stato guerriero?
Io penso che i soldati americani non ce l'avessero mai avuta con i talebani finchè non è arrivato qualcuno che gli ha detto "I talebani sono cattivi e anti-democratici, è nostro dovere di cittadini degli Stati Uniti d'America, la più grande democrazia del mondo, donare la democrazia a quei poveri bambini afgani". Quindi il vecchio gioco del "Armiamoci e partite". Hitler, Stalin, Roosvelt, Churchill, Bush padre, Bush figlio (solo per citarne alcuni) hanno mai partecipato ad una azione militare, si sono mai avvicinati più di qualche migliaio di chilometri ad un fronte di guerra, quanti di questi sono morti dissanguati per un colpo di fucile sparato da un nemico sul campo di battaglia? Quanti sono morti in preda ad atroci sofferenze, dilaniati dall'esplosione di un mina o da un colpo di mortaio? E cosa dire di quei tanti governi europei (di "destra" o di "sinistra" non importa) che adesso sostengono senza batter ciglio qualsiasi iniziativa di guerra degli Stati Uniti? Mio malgrado sono italiano e mi da alquanto fastidio che una mattina meno di mille fantocci si alzino e dicano "Soldati italiani armatevi e partite per sostenere le truppe americane".
Gli uomini hanno tanti difetti, sono spesso violenti ed aggressivi, ma non fanno guerra, perchè un essere umano non può materialmente organizzare una guerra... i governi però si. La cosa che non sopporto è che quando l'Italia partecipa ad una guerra indirettamente è come se vi partecipassi anch'io.
Mi sento molto amareggiato.

NOW ON AIR: "Fade away" Seether

mercoledì, luglio 15, 2009

Il papa e i quattro gatti

Servizio del TG3 da non perdere.



Questo giornalista invece di essere promosso è stato rimosso dal proprio incarico.
Io gli farei una statua.
Bravo Roberto Balducci.

martedì, luglio 14, 2009

Prima il nome o prima il cognome?

Questa mattina mi sono ricordato di una simpatica scenetta che ho vissuto diversi anni fa, quando ero ancora alle superiori.
La professoressa di fisica mi aveva invitato insieme ad un altro paio di compagni a firmare qualcosa, non ricordo cosa, forse il programma del suo corso. Mentre tutti, o quasi, i miei coetanei avevano l'abitudine all'epoca di apporre la propria firma scrivendo il nome di battesimo seguito dal cognome, io facevo esattamente il contrario: prima il cognome e poi il nome.
La suddetta professoressa mi fece quindi notare che era scorretto firmare in questo modo, riportando come esempio il fatto che quando scrivo il nome di Alessandro Manzoni non scrivo prima il cognome ma prima il nome, proprio così: Alessandro Manzoni.
In quel momento, e me lo ricorderò per tutta la vita, ho avuto uno di quei rari episodi in cui ho elaborato in pochissimo tempo (una quantità praticamente trascurabile e impercettibile di tempo) una risposta valida e anche un po' pungente. Ho detto: "Si, ma io, quando scrivo Alessandro Manzoni, non scrivo la sua firma e non sto firmando per lui."
La professoressa è rimasta senza parole, o comunque non ha avuto niente da ribattere, con un sorriso stampato sulla faccia che, a mio avviso, esprimeva si un po' di imbarazzo ma anche, almeno così piace pensare a me, un po' di ammirazione, se così la si può chiamare, per un ragionamento non troppo originale ma sicuramente fuori dagli schemi tradizionali.
Sinceramente questo evento mi ha dato, all'epoca, una piccola iniezione di orgoglio e fiducia in me stesso. Dico all'epoca perché, nonostante quella professoressa era e rimane tuttora uno degli insegnanti migliori che io abbia avuto e una delle persone che ho conosciuto con maggiore piacere, adesso non proverei le stesse sensazioni, avendo imparato che per mettere in difficoltà la maggior parte delle persone ci vuole molto meno di quello che si potrebbe pensare.
Ricordo ancora con un pizzico di piacere quell'evento e nonostante questo, mi sono ormai da tempo arreso anch'io alla prassi comune di firmare con il nome prima del cognome. In fondo a me non cambia niente, quella firma servirà a qualcun altro per fare qualcosa di stupido e allora tanto vale accontentare i miseri burocrati e spendere il mio tempo in qualcosa di più proficuo che una discussione sull'ordine corretto del nome e del cognome in una firma.

Cercando su internet qualcosa che spieghi realmente come si deve firmare, dal punto di vista burocratico, si leggono una gran quantità di stupidaggini e/o inutili disquisizioni pseudo-razionali sul motivo secondo il quale dovrebbe porsi sempre il nome prima del cognome: la peggiore di tutte, per me, è il rispetto dell'individuo che sembrerebbe mancare, per molti, nel caso ci si riferisse a qualcuno anteponendo il nome della sua famiglia al suo proprio. Come se nome e cognome non fossero solo delle superflue convenzioni sociali, come se il nome e il cognome facessero veramente di noi quel che siamo.
Comunque dal punto di vista amministrativo sembra che esista una norma ufficiale che prevede: firma copleta, leggibile e anteponendo il nome di battesimo al cognome. E così sia.

NOW ON AIR: "Shout 2000" Disturbed

sabato, maggio 16, 2009

Alla ricerca del testo perduto

Un consiglio per chi vuole consultare il testo di una canzone di cui conosce almeno l'autore e preferibilmente anche il titolo:

AngoloTesti

Si tratta di un sito molto ricco e frequentemente aggiornato che raccoglie un vasto database di testi di canzoni raccolti per interpreti e album.
È possibile cercare un cantante od un gruppo, organizzati in rigoroso ordine alfabetico, per poi accedere all'elenco degli album e dei testi disponibili.
Lo uso da anni e sono veramente pochi i testi che non sono riuscito a trovare.

Buona consultazione.

NOW ON AIR: "Free life" Dan Wilson

Alla faccia della parità tra i sessi

Già qualche tempo fa ci avevo fatto caso ma non avevo trovato lo stimolo per scriverne.
Sulla home page di Facebook c'è un bel planisfero con tante teste di persone connesse da linee tratteggiate.
Bene, contandole ci si rende conto che ci sono 6 teste maschili e 7 femminili. Perchè questa disparità? Non mi sembra giusto.

O forse sono io, troppo antico, che erroneamente associo ancora un certo taglio lungo di capelli ad una donna ed un taglio corto ad un uomo? Forse si ma, a parte che io sono maschio e porto i capelli lunghi, rimane il fatto che siano complessivamente dispari. Indipenedentemente dal taglio di capelli sicuramente sono o più maschi che femmine o più femmine che maschi.

Riflessione inutile, ma è anche così che provo a rilassarmi.

NOW ON AIR: "Tremble" Better Than Ezra

giovedì, aprile 23, 2009

Depressione

Sono sempre un po' depresso, lo sono sempre stato, con alti e bassi.

Non parlo di "essere giù di morale" ma di depressione vera, quella diagnosticata dagli "studiosi della psiche", anche se una forma lieve di depressione. Lieve ma costante.

C'è chi ritiene che la depressione non sia una malattia, ma io credo che lo sia, nei casi più gravi, ma non nel mio.

A volte sono quasi sooddisfatto di questa mia condizione: mi fa sentire che sto vivendo la mia vita e non quella di qualcun'altro.

Indipendentemente che sia o no una malattia, ritengo che per me non rappresenti un problema. Come ripeto spesso, i problemi nascono lì dove una condizione fisica o mentale ci impedisce di fare qualcosa che vogliamo fare: i problemi nascono dal contrasto, il contrasto, ad esempio, tra ciò che vuoi fare e ciò che riesci a fare.

Guardando le cose sotto questo punto di vista posso dire che nella mia vita ci sono pochissimi problemi, forse uno, non credo di più. È quasi ottimistismo detto da uno che si definisce depresso... oppure no?

NOW ON AIR: "Sunday bloody Sunday" U2

venerdì, aprile 10, 2009

Vergogna giornalistica

Ritengo vergognoso il modo in cui la redazione del TG1 si sia "vantata" degli straordinari successi di ascolto, ritengo comunque sbagliato che un TG tenga in così grande considerazione gli ascolti, ma è addirittura disprezzabile proclamare il proprio successo in momenti come questi.
Mi dispiace veramente tanto che i soldi che gli italiani sono costretti, e sottolineo costretti, a pagare ogni anno tramite il "Canone abbonamento RAI" contribuiscano anche a pagare lo stipendio di chi ha ideato o anche solo permesso questo atto maleducato e irrispettoso.

Questo è il testo di una e-mail che ho appena inviato alla RAI. Non credo che ci sia altro da aggiungere se non un link.

Chi fosse interessato ad inviare una e-mail (decidete voi se di protesta o di elogio) alla RAI può seguire questo altro link.

Update: forse era opportuno dare un riferimento al fatto che ha dato origine al vergognoso comportamento della redazione del TG1, cioè il terremoto (rivelatosi poi il primo di una lunga serie) che ha portato morte e distruzione nella città de L'Aquila all'inizio della settimana scorsa. Adesso che i fatti sono attuali sembra banale scriverlo, ma tra qualche mese, purtroppo, potrebbe non esserlo più.

mercoledì, aprile 01, 2009

Shake it

A volte mi piacerebbe prendere il mondo e scuoterlo con forza... con tutta la forza che ho in corpo.
Scuoterlo fino a sconvolgerlo e sconquassarlo (mi piace questa parola).
Nella speranza che possa cambiare, nella speranza che possa essere più a misura mia, nella speranza di non dover essere più io ad adattarmi al mondo.
Immagino di scuoterlo e sento i miei denti serrarsi, quasi con rabbia.
Evidentemente sono ricolmo di risentimento inespresso.

Sono una persona molto tranquilla nella vita, ma credo di essere una delle persone più arrabbiate nel profondo che io conosca. Contro chi o contro cosa ho paura di saperlo ma preferisco non dirlo.

NOW ON AIR: "Cacca nello spazio" Caparezza

martedì, marzo 31, 2009

Alla faccia della Crisi: più porno per tutti

È proprio il caso di dire "Alla faccia della crisi".

(Il seguente post contiene cifre "non confermate ufficialmente", faccio riferimento a diversi interventi pubblicati in rete e, in particolare, a questo articolo di Repubblica)

Non ho ancora trovato conferma di questi dati da nessuna parte, ma sembrerebbe che ogni giorno vengano comprati, in media, circa 200.000 (duecentomila) film porno sulla tv digitale satellitare in pay-per-view. Sembrerebbe anche (non ho fonti dirette da consultare) che ognuno di tali acquisti comporti una spesa di 10 euro.
Sorvoliamo sullo squallore della questione e anche sulla questione morale: della questione morale non me ne importa proprio niente, mentre sul cosa uno debba farci con i film porno sono solo affari suoi, anche se non vedo nessun buon motivo per vedere un film porno.
Mi vorrei concentrare sull'aspetto puramente economico, ovvero su quei 2 MLN (10x200.000) di euro che ogni giorno vanno "in fumo". Mi rifiuto categoricamente di pensare che questi numeri spaventino soltanto me e voglio ribadire che non c'è alcuna componente morale nel mio disappunto: non importa che siano film porno, anche se fossero cartoni animati per bambini inorridirei comunque, sarebbero comunque 2 milioni di euro letteralmente buttati. Sono buttatti perchè in cambio non ne otteniamo niente di utile, niente di importante, sono soldi spesi per comprare qualcosa che non ci è affatto necessario, anzi qualcosa che potrei definire completamente superfluo, che si tratti di porno, cartoni animati o telefilm non importa.
Il disappunto va oltre quello che provo nei confronti dei soldi spesi per alcol, droghe e tabacco perchè almeno nell'utilizzo di questi prodotti c'è una componente fortemente fisica e, perdipiù, sociale che naturalmente comporta una sorta di necessità psico-fisiologica.

C'è in giro chi dice che il modo migliore per combattere la Crisi è quello di continuare a spendere come abbiamo fatto sempre, affermazione che sicuramente, dal punto di vista economico, ha il suo senso. Ma da un punto di vista un po' meno materialista penso che dovremmo approfittare della Crisi per riflettere e pensare, riflettere, imparare, non a spendere necessariamente meno, ma almeno a spendere in modo più intelligente, più utile, più ragionato e, perchè no, anche più razionale. Cerchiamo di essere meno animali, meno massa, meno inconsapevoli nello spendere i nostri soldi, troppi spesso dicono che i soldi non crescono sugli alberi, ma poi si comportano come se ognuno di noi ne avesse una riserva infinita nel materasso... ormai nel materasso scarseggia anche la lana, ma consoliamoci con le nostre auto, i nostri abiti di marca e soprattutto con l'alcol che ci scorre nelle vene.

NOW ON AIR: "Crawling in the dark" Hoobastank

giovedì, marzo 26, 2009

Problema casa

Mi si dia pure del nazista, non mi importa, ma, a mio avviso, se in Italia non ci sono abbastanza abitazioni per tutti non è perchè ci sono poche case, piuttosto perchè ci sono troppe persone.

Sempre che sia vero quello che ci dicono: sarà vero che non ci sono abbastanza case per tutti?
Boh.

NOW ON AIR: "Wonderwall" Oasis

lunedì, marzo 23, 2009

Ancora sull'uscire da Facebook

Grazie alle statistiche fornitemi da ShinyStat per questo blog ho visto che uno dei temi che più spesso porta gli utenti a leggerne le pagine è la tanto agognata uscita da Facebook.

Allora proviamo a dare una risposta definitiva a questa domanda: "Si può uscire da Facebbok?"

La risposta è sempre la solita: dipende. Dipende da cosa si intenda per "uscire".
Gli sviluppatori di Facebook hanno infatti previsto la funzione "Disattiva account", accedibile dalla pagina delle impostazioni del proprio account. La disattivazione però non equivale ad una cancellazione: il vostro account e quindi le vostre informazioni saranno ancora tutte memorizzate nei sistemi del signor Facebook, ma nessuno potrà più trovarvi utilizzando la funzione "Trova" mentre i vostri "amici" non troveranno più il vostro nome e la vostra foto nella loro losta di amici.
Se però vi siete iscritti ad uno di quei giochi in cui si devono formare delle bande o dei clan invitando persone che conoscete, il vostro nome e le vostre statistiche saranno ancora visibili (la vostra foto invece scomparirà anche da lì).

Tutte le informazioni relative al vostro account, descrizione del profilo, le foto caricate, le iscrizioni a gruppi o a pagine rimangono permanentemente memorizzate nei server di Facebook anche se rimangono inaccedibili agli altri utenti del sito. Tanto che, se qualche mese dopo aver disattivato il vostro account tornate a fare il login sulla pagina principale di Facebook, il sistema recupererà il più velocemente possibile le vostre informazioni e vi permetterà di accedere come se non aveste mai disattivato l'account, inviandovi una email di bentornato.

Anche se a qualcuno può non piacere un tal comportamento è tutto scritto nel contratto di "Condizioni di accettazione del servizio" ma dubito che molti abbiano letto tale documento prima di iscriversi a Facebook: io non l'ho fatto, ma sinceramente dubito che avrei interpretato il testo delle condizioni in questo senso.

Pubblicando Contenuti dell’utente sul Sito, concedi automaticamente l’autorizzazione e la garanzia di disporre del diritto a fornire alla Società l’autorizzazione irrevocabile, perpetua, non esclusiva, trasferibile, totalmente acquistata e valida in tutto il mondo (con il diritto di concedere sotto-licenze) ad utilizzare, copiare, eseguire ed esporre in pubblico, riformattare, tradurre, estrarre (integralmente o parzialmente) e distribuire tali Contenuti dell’utente per qualsiasi scopo commerciale, pubblicitario o di altra natura, sul sito o su canali collegati al sito o alla presente promozione, nonché a incorporare in altre opere, ad esempio i Contenuti dell’utente, e a concedere ed autorizzare sotto-licenze di tali contenuti.


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Con altre parole possiamo dire che tutto quello che facciamo su Facebook rimarrà nelle mani del signor Facebook finchè esso vorrà e con le finalità che vorrà.

Posso quindi infine dare un consiglio a chi vuole lasciare Facebook: spendere un po' di tempo per eliminare tutti i propri commenti, tutte le proprie iscrizioni a gruppi e pagine, eliminare le proprie foto e le proprie informazioni personali, revocare l'accesso ai nostri dati personali alle applicazioni che abbiamo autorizzato (Geo Challenge, Guerra di Bande, Word Challenge, Birthday Calendar e compagnia bella) e quindi disattivare il proprio account, in questo modo la nostra privacy dovrebbe essere un po' più protetta anche se non potremo avere mai la certezza della reale cancellazione dei nostri dati personali dai database di Facebook.
Attualmente non esiste niente di più vicino all'uscita da Facebook.

Per il testo completo delle Condizioni d'uso, cliccate qui.

NOW ON AIR: "Leave out all the rest" Linkin Park

venerdì, marzo 13, 2009

Frustrazione creativa

Vorrei scrivere più spesso su questo blog ma proprio non ci riesco.
Non che mi manchino gli spunti, ma a volte ho paura di scrivere qualcosa di troppo banale, altre ho la certezza che potrei scrivere qualcosa di cui pentirmi: sono molti i fatti che mi fanno riflettere ma quando sono freschi rischio di scrivere con troppa rabbia, troppo risentimento, troppo politicamente scorretto. Non che mi dispiaccia essere politicamente scorretto, anzi è una delle mie qualità che apprezzo maggiormente, ma scrivendo di getto c'è pericolo anche di esprimersi in modo sbagliato, di veicolare un messaggio che non corrisponde al mio reale pensiero e, a volte, anche di andare contro la legge o di rischiare qualche problema di natura legale.
So che il mio blog non raggiunge una larga fetta della popolazione italiana, ma la vita è così: puoi scrivere tante cose belle ed intelligenti per anni senza che ti legga nessuno o solo pochi buoni affezionati, ma appena scrivi distrattamente una stupidaggine, non appena fai un passo falso, com'è come non è, c'è un'alta probabilità che ti becchino subito. La celeberrima Legge di Murphy.
Comunque anche se non ci fosse il rischio di essere scoperti preferirei non scrivere stupidaggini o pensieri di cui potrei pentirmi in seguito, quindi cerco di ponderare, ma ponderando ponderando, finisce che l'onda emotiva che inizialmente mi spingeva a scrivere riguardo ad un certo argomento si esaurisce e non posseggo più lo stimolo necessario a scrivere qualcosa di vagamente interessante o semplicemente a mettermi davanti alla tastiera, soprattutto quello che mi viene da scrivere in modo più ponderato mi sembra incredibilmente meno vero, mi sembra più costruito, creato appositamente per essere "distribuito" e meno rappresentativo della mia persona... quindi del tutto inutile.
Ecco perchè da qualche post a questa parte finisco per scrivere solo di ciò che leggo, mentre i temi su cui vorrei "sfogarmi" sono molteplici e vari, suggeriti dalla cronaca, dalla politica e dalla vita.
Spero di riacquistare presto quel tanto di forza mentale che mi permetta di scrivere ciò che penso nel modo migliore e più chiaro possibile, magari offendendo pure qualcuno ma nel rispetto di ogni punto di vista ragionevole.

NOW ON AIR: "Danziamo" Io, Carlo

giovedì, marzo 05, 2009

Narciso e Boccadoro


Ho interrotto momentaneamente la sequenza di letture fantascientifiche e mi sono dedicato a "Narciso e Boccadoro" di Hermann Hesse; purtroppo si tratta di un'altra piccola delusione. Forse era troppo aspettarsi un altro "Siddharta", libro che non ho trovato eccezionale ma comunque gradevole.
Trovo che questo libro sia stato scritto molto bene, anche tradotto bene, secondo la mia impressione, ma oltre la forma c'è veramente poco, vi ho trovato pochissima sostanza.
Due capitoli spiccano su tutti gli altri per suggestione e trasporto emotivo, quello che descrive il vagabondaggio di Boccadoro nella Germania invasa dalla peste e quello finale di cui non svelo il contenuto per non rovinare la lettura a chi dovesse ancora intraprenderla.
I restanti capitoli sembrano solo un insieme di frasi-pretesto per giustificare il capitolo finale: più di duecento pagine di parole davvero povere di contenuto in cui si descrive prima l'infanzia del giovane Boccadoro, sventurato figlio di un funzionario reale, nel convento-scuola di Mariabronn dove conosce il giovane insegnante Narciso, e poi il vagabondare dello stesso Boccadoro per il mondo alla ricerca della sua anima e del sesso. Della personalità di Boccadoro è questo il carattere che colpisce di più: con gli uomini che incontra ha rapporti ridotti al minimo indispensabile e strettamente utilitaristici, mentre con le donne è molto espansivo e cerca di "ottenere il massimo da ogni incontro".
Oltre all'apparenza descritta, Boccadoro cerca di andare contro tutto ciò che rappresenta la vita del convento da cui si allontana e in un certo modo fugge: il sesso, la libertà da qualsiasi costrizione, l'abbandono della pratica religiosa che in convento sfiora il rigore burocratico, la ricerca di una spiritualità diversa, più naturale, più legata ai sensi che ad un Dio troppo lontano dalla vita vera dell'uomo, la scoperta dell'arte come mezzo per fissare i sentimenti e permettere a questi, come nostra emanazione, di superare l'altrimenti insostenibile vincolo della mortalità della carne.
Sotto tutti questi aspetti Boccadoro sembra il prototipo dell'artista decadente, l'artista tormentato che si da ai bagordi per riempire un vuoto che la sua anima sente e soffre più dell'uomo comune. Ma manca di quello che caratterizza il vero artista decadente, la sostanza: potrebbe essere l'adulto che si rende conto dell'ineffabilità della morte e dell'insensatezza del vivere sociale rimpiangendo l'età infantile, e invece è semplicemente uno sbandato che vuole solo vivere facendo quello che gli pare ma che ha perso da tempo l'innocenza della fanciullezza, quella innocenza che sola può farci vivere a pieno quel poco che di bello c'è nella vita. I bambini guardano al mondo con occhi puri e soprattutto con una mente pura, libera da qualsiasi condizionamento sensuale o fine nascosto: non guardano per scovare qualcosa, non parlano per cercare di scoprire qualcosa, non mangiano per godere, non toccano per ottenere qualcosa... i bambini guardano per vedere, mangiano per gustare, toccano per sentire, ascoltano per capire e parlano per comunicare, niente di più.

Mentre rileggo questa mia "recensione" mi sento di dover rivalutare almeno in parte questo libro che offre molti più spunti di quelli che avevo visto inizialmente: sicuramente un libro che è bene leggere, sicuramente, però, anche un libro che nel complesso non mi è piaciuto e che certamente non rileggerò. Una buona idea di base è stata rovinata da una non altrettanto buona costruzione delle vicende intorno a tale idea e, a mio avviso, dall'eccessiva centralità del tema del sesso.

NOW ON AIR: "Sex on fire" Kings Of Leon

giovedì, febbraio 26, 2009

eXistenZ


Nonostante l'esperienza non proprio esaltante con il "Neuromante" di Gibson la mia anima informatica mi ha fatto entrare nel tunnel del cyberpunk o dei tanti film e libri che più o meno a ragione vengono inseriti in questo genere.
È il caso ad esempio del film che ho appena finito di vedere: "eXistenZ" di David Cronenberg.

Per quello che ho capito del cyberpunk, mi sembra che tale film sia così definito a ragione.
Il cyberpunk tratta di tecnologie più o meno avanzate, in particolare legate all'utilizzo di impianti cibernetici nel corpo umano e allo sviluppo di diversi tipi di realtà virtuale, tutto condito con elementi di ribellione sociale e critica verso l'utilizzo incontrollato delle suddette tecnologie (vedi cyberpunk).
"eXistenZ", a mio avviso, è esattamente questo: tecnologia avanzata che, come spesso accade, genera problemi di natura morale.
Alla base c'è una grande idea del mitico Cronenberg, che non rivelo per non anticipare nulla a chi ancora non l'ha visto, dico solo che dopo un'iniziale ed eccessiva linearità della trama che sembra protrarsi fin troppo, si potranno godere di multipli e più o meno sorprendenti colpi di scena.
A parte questo però, come molti altri film di Cronenberg, anche questo ha tutte le caratteristiche del film di serie B: si ha nitidamente l'impressione di guardare un miserabile filmino dall'ambientazione vagamente fantascientifica, ma se si ha la forza di andare oltre l'apparenza e di riflettere sul tema suggerito dall'autore si potrà apprezzare meglio l'opera di un genio che a mio avviso risulta ancora troppo poco compreso.
Infine, una nota importantissima per me è una fuggevole citazione al grande Philip K. Dick, che i più attenti conoscitori di questo potranno riconoscere su un sacchetto da fast-food inquadrato nella prima metà del film.

NOW ON AIR: "Freedom" Rage Against The Machine

lunedì, febbraio 23, 2009

Neuromante


Ho finalmente finito di leggere "Neuromante" di William Gibson, il libro considerato il capostipite del genere cyberpunk, e non mi è piaciuto per niente.
Se dovessi scegliere un unico aggettivo, sarebbe "squallido".
Questo romanzo sembra voler essere contemporaneamente thriller, fantascienza e critica sociale senza riuscire ad essere compiutamente niente di tutto ciò.
Dall'inizio alla fine un piatto svolgersi di dialoghi e descrizioni sterili, che non portano da nessuna parte; non un momento di suspance, non un alone di tensione.
Di fantascientifico, poi, ci ho trovato veramente poco: si parla di computer e di hacking come si potrebbe parlare di qualsiasi altra cosa, con un livello di dettaglio che definire approssimativo è poco. Chi capisce di informatica lo trova meramente banale; chi non capisce di informatica non riesce ad avere la minima idea di cosa si stia trattando.
Se cerco di pensare a cosa mi sia rimasto più impresso nella memoria di questo libro mi vengono in mente solo le parole "sesso" e "droga", non c'è neanche il "rock'n'roll": non un evento, non un'idea, non il carattere di un personaggio o anche solo una sua particolarità. Forse, sforzandosi di trovare qualcosa, "l'elemento degli occhiali a specchio" (mirrorshades) tanto caro al filone cyberpunk (almeno così mi dicono), ma davvero non capisco che cavolo di "tema" sia, mi sembra più una minchiata, se mi si passa il termine.
Come detto, si parla molto di droga, forse l'unico modo per farsi piacere questo libro è leggerlo sotto l'effetto di qualche stupefacente, oppure essere molto stupidi, ma questa è un mia opinione, probabilmente dettata dal disappunto per aver speso del tempo prezioso a leggere un libro che non mi è piaciuto.
Nonostante ciò, essendo in uscita per l'anno prossimo un film tratto da questo romanzo, credo che lo guarderò, non è detto che in mano ad un buon regista non possa venirne fuori qualcosa di valido.
Per il momento l'unica cosa che ha fatto di buono William Gibson con questo libro è stata quella di ispirare i concetti di "Zion" e "Matrice" nelle menti dei fratelli Wachowski: da quel che ho letto è da questo testo, come da tanti altri dello stesso genere o di generi simili, che i due hanno preso spunto per creare un film, secondo me non bellissimo, ma comunque di qualità notevole, come Matrix, mi sembra un po' poco, però, per rivalutare un romanzo intero.

NOW ON AIR: "Bombtrack" Rage Against The Machine

sabato, febbraio 07, 2009

Tempo fuor di sesto


Qualche settimana fa ho terminato di leggere "Tempo fuor di sesto" di Philip K. Dick e ancora una volta sono rimasto favorevolmente colpito da un opera di questo autore.
Si tratta di un romanzo che ha per protagonista un uomo, Ragle Gumm, che si guadagna da vivere partecipando ad un concorso che viene pubblicato ogni giorno sul quotidiano cittadino: "Trova l'omino verde". Con incredibile regolarità Ragle riesce ad individuare ogni giorno la risposta corretta e ad inviarla al giornale entro le diciotto, dopo aver passato buona parte della giornata davanti a tabelle, grafici e calcoli. Neanche lui riesce veramente a spiegare come faccia, a cosa servano esattamente tutti quei grafici e quei calcoli e come gli permettano di individuare la risposta corretta, fatto sta che riesce ogni volta a vincere il premio in palio e a crearsi una certa fama.
E' un'attività impegnativa ma che gli permette di guadagnare bene e di evitare un frustrante e mentalmente logorante lavoro d'ufficio; passa le giornate nella casa della sorella dove vive insieme a lei, il cognato ed il nipotino Sammy, insomma una normalissima famiglia degli anni Cinquanta.
Alcuni strani eventi, però, sconvolgeranno la sua vita sin troppo lineare, fino all'insorgere di un irresistibile desiderio di fuga. Riuscirà a fare chiarezza soltanto grazie all'intervento di personaggi esterni alla propria vita quotidiana.
Avete mai avuto la sensazione che qualcosa non quadri nella realtà materiale che vi circonda? Sentire che state vivendo un tempo che non è quello a cui appartenete, o che i luoghi in cui abitate ed agite abbiano caratteristiche che non vi aspettate di poter definire normali, piuttosto li definireste artificiali. Se sentiste che le cose che vi circondano dovrebbero risultarvi familiari ma è come se fossero finte o addirittura sbagliate, cosa fareste? Cosa fareste, insomma, se il "tempo vi sembrasse fuor di sesto"?

Invito tutti a leggere questo libro per scoprire cosa fa Ragle Gumm in questa situazione e soprattutto a scoprire quello che scoprirà lui.
Come tutti i libri di Dick che ho letto anche questo presenta, a mio avviso, qualche problema con il finale; i finali di Dick mi risultano tutti un po' "appesi", ti fanno rimanere lì, con il libro chiuso un po' insoddisfatto, come se si trattasse di un'opera incompiuta, come se da qualche parte dovesse continuare.
Nonostante questo le idee e le vicende centrali del racconto valgono veramente tanto e difficilmente possono far rimpiangere il tempo speso nella sua lettura.
A costo di diventare ripetitivo, infine, devo ancora consigliare la lettura dei racconti di Dick agli amanti del telefilm "Lost", questo racconto in particolar modo. Se già in altri racconti di Dick avevo trovato spunti narrativi che mi hanno ricordato elementi particolarmente affascinanti del telefilm sopracitato, leggendo questo non ha fatto altro che crescere ulteriormente in me la convinzione che gli autori di "Lost" siano stati fortemente influenzati dal genio di Dick nel creare le loro sceneggiature e forse anche l'idea che sta alla base dell'intera serie TV e che, speriamo, ci sarà svelata completamente e chiaramente al termine della stessa.

La locuzione "tempo fuor di sesto" è una citazione da "Amleto" di Shakespeare, Atto I Scena V:

Hamlet:
[...]
The time is out of joint: O cursed spite,
That ever I was born to set it right!
[...]
Nella traduzione Eugenio Montale:

Amleto:
[...]
Il mondo è fuor di squadra: che maledetta noia,
essere nato per rimetterlo in sesto!
[...]

Parafrasando: "Il mondo è tutto sbagliato: che maledetta disgrazia per me, l'essere nato per rimetterlo a posto."; frase pronunciata in riferimento alla richiesta del fantasma di suo padre di smascherare il suo assasino.
Anche "Amleto" è un gran bel libro, nonostante tutti gli accidenti che gli ho rivolto quando me lo hanno fatto leggere a scuola.

Buona lettura.

NOW ON AIR: "Numb" Linkin Park

domenica, gennaio 25, 2009

Obama VS RestoDelMondo ... 1 a 0



Non nascondo mai che il neo-presidente Obama non mi piaccia e forse in un prossimo post cercherò anche di spiegare bene il perchè? Sia chiaro, non che McCain mi sarebbe piaciuto di più... il fatto è che sembra che tutti siano cattivi e "per fortuna è arrivato Sant'Obama che ci salverà da tutte le brutture del mondo".





Comunque da oggi il Barack mi sta un po' più simpatico: è arrivato da poco è ha già fatto incacchiare il papa, il caro Benny XVI c'è rimasto male, poverino.
Se non sapete di cosa sto scrivendo guardate qui e qui.





PS: strana coincidenza leggere questa notizia proprio nello stesso giorno in cui sono venuto a conoscenza dell'esistenza della "Mexico City Policy" guardando un episodio del telefilm "Boston Legal".

NOW ON AIR: "Teardrop" Massive Attack

venerdì, gennaio 23, 2009

Al di là del bene e del male


Ho letto "Al di là del bene e del male" di Friedrich Nietzsche.
Sono rimasto lievemente deluso perchè mi aspettavo un libro molto più coerente intorno al titolo, invece si tratta, più che altro, di uno zibaldone di pensieri riguardo vari temi della vita e della società: il tema della morale ricopre comunque un ruolo importante tra i vari aforismi che compongono il libro ma non ne sono il tema centrale.
A parte questo si tratta sicuramente di una pietra miliare del pensiero e della storia del pensiero che merita assolutamente di essere letto. Rispetto al più famoso "Così parlo Zarathustra" risulta di più facile lettura non essendo appesantito dalla forma del racconto allegorico: "Al di là del bene e del male" è una raccolta di pensieri, un saggio critico sulla società, suddiviso in piccoli paragrafi che difficilmente superano le due pagine e che possono essere letti o saltati con discreta disinvoltura.
L'unica difficoltà che si può sperimentare nella lettura, a patto di avere una certa familiarità con i temi trattati (morale, sociologia, filosofia, psicologia), risiede nel riferimento dell'autore a teorie e filosofie di altri pensatori (ad esempio Kant) che ritornano a volte nel libro e potrebbero non essere completamente presenti alla memoria del lettore. Tali riferimenti comunque riguardano una minor parte del libro e quindi, a mio parere, questo aspetto non deve scoraggiare gli aspiranti lettori che, volendo, potranno scegliere di rinfrescarsi la memoria lì dove troveranno necessario farlo.
Per quanto mi riguarda è grande il numero di frasi che mi sono trovato "costretto" a sottolineare perchè altamente significative.

"Essere indipendenti è cosa di pochissimi, è una prerogativa dei forti. E chi tenta di esserlo [...] senza esservi costretto, dimostra con ciò di essere probabilmente non solo forte ma anche temerario fino alla follia. Costui si addentra in un labirinto e moltiplica per mille i pericoli che la vita di per sè già comporta [...] Posto che un tale individuo perisca, il fatto accade così lontano dalla comprensione degli uomini che essi non lo sentono e non ne risentono - ed egli non può più tornare indietro! Non può più tornare indietro neanche nella compassione degli uomini."

"Ci sono libri che hanno per l'anima e la salute un valore opposto a seconda che se ne servano un'anima bassa, una forza vitale inferiore o invece una più alta e possente: nel primo caso sono libri pericolosi, [...] nell'altro gridi di araldi, che chiamano i più valorosi al loro valore. I libri per tutti sono sempre libri maleodoranti: vi resta attaccato il sentore della gentarella. Dove il popolo mangia e beve e anche dove adora, lì di solito puzza. Non bisogna andare nelle chiese se si vuole respirare aria pura."


NOW ON AIR: "Higher" Creed

Uscire da Facebook... yes we can! Forse.

Uscire da Facebook, si può fare e ieri sera l'ho fatto.
Qualcuno mi ha anche detto "Ma perchè ci sei entrato?", volevo vedere cos'è Facebook.
Vorrei dire che è stata una bella esperienza, ma non è stato niente di chè.
Ho "ripreso i contatti" con persone con cui essere in contatto non mi interessava affatto.
Ho "ripreso i contatti" con persone che ho scoperto non piacermi più.
Ho ricevuto richieste di amicizia da persone che ricordo di aver visto ma con cui credo di non aver mai scambiato una parola.
Ho ricevuto richieste di amicizia da persone che sono sicuro di non aver mai visto.
Per tutti gli altri non credo di aver bisogno di Facebook, ci sono le email, i blog e, anche se non lo amo particolarmente, MSN Messenger (o prodotti simili).

Le uniche persone con cui avrei voluto riallacciare i contatti, su Facebook non ci sono, almeno per il momento, magari in futuro farò un altro tentativo.
Per ora, però, non mi andava di continuare a far parte di quel numerone che rappresenta la quantità di utenti di questo mediocre servizio.

PS: magari è solo invidia perchè avrei voluto inventarlo io e fare un sacco di soldi, può darsi.

Update: ho approfondito le mie ricerche, in realtà non si esce mai veramente da Facebook, il proprio profilo può essere solo disattivato, non cancellato. In altre parole nessuno può più trovarti qualora ti cercasse, neanche i tuoi contatti, ma i tuoi dati e le tue foto rimangono memorizzati presso i server di Facebook. Tutto ciò, a detta loro, lo fanno per consertirti di rientrare nella grande famiglia di Facebook quando vuoi senza perdere niente di quello che avevi fatto in precedenza.
Quindi attenzione, soprattutto per quelli che ancora non ci sono entrati, non si esce mai complemente da Facebook.

NOW ON AIR: "London calling" Clash

mercoledì, gennaio 21, 2009

Il punto di vista è fondamentale

Per un lungo periodo della mia vita sono stato veramente male, non tanto fisicamente quanto "spiritualmente", seppure con inevitabili conseguenze sulla mia salute fisica.
Ad un certo punto però ho fatto qualcosa che mi ha fatto cominciare a stare meglio.
Ho smesso di guardarmi attraverso gli occhi del mondo che mi circondava.
Ho cominciato a guardare il mondo attraverso i miei stessi occhi.
E' stata una sorta di liberazione... seppur non totale.

NOW ON AIR: "Swallowed" Bush

martedì, gennaio 20, 2009

Ricerca interiore

Il mio merito non sta nel conoscere me stesso, molti di quelli che dicono di conoscersi si illudono.
Non credo neanche di conoscermi meglio di quanto gli altri si conoscano.
Sono semplicemente fiero di cercare dentro me stesso, farmi le mie domande e cercare le risposte su di me, dentro di me.
Troppo spesso mi sembra che gli altri rinuncino a farsi domande su sè stessi o finiscano per cercare poche risposte al di fuori di sè.

NOW ON AIR: "Liberate" Disturbed

lunedì, gennaio 12, 2009

Premiare lo studio con il denaro?

Un'altro tema che mi è tornato "sotto mano" in questi giorni è la proposta da parte di diversi tra politici, presidi, insegnanti, genitori, di premiare gli studenti particolarmente brillanti con somme in denaro. Per loro stessa ammissione questa soluzione funzionerebbe anche da stimolo a quelli che di stimoli nella scuola ne trovano pochi.

Il bisogno di pagare gli studenti per spingerli a studiare di più è simbolo del fallimento del sistema scolastico italiano: sintomo dell'incapacità dei nostri insegnanti, ma anche dei genitori e della società intera, di comunicare ai ragazzi l'importanza dello studio e della scuola.
Quello che la società comunica è che non importa quanto impegno ci metti e quali risultati ottieni, in un modo o nell'atro ce la fanno tutti, quindi perchè darsi pena?
Che schifo. Cacciamo un po' di insegnanti incapaci dalle scuole, facciamo studiare solo quelli che ne hanno voglia e premiamo gli studenti meritevoli mettendogli a disposizioni insegnanti all'altezza del loro compito e strutture, infrastrutture e mezzi di supporto alla didattica che permettano agli studenti volenterosi di costruirsi il futuro che vogliono.

NOW ON AIR: "From the inside" Linkin Park

Vogliamo veramente il grembiule?

Lo so che l'argomento non è propriamente attuale ma sono rimasto un po' indietro con i pensieri da esprimere. Riporto alcune riflessioni partorite dal mio cervello durante l'estate quando "grembiule" e "riforma della scuola" erano temi d'attualità.

Vogliono reintrodurre la divisa a scuola, o almeno il vecchio e caro grembiule delle scuole elementari. Io sinceramente ho sempre odiato quel maledetto oggetto del demonio, sia da bambino quando ero costretto ad indossarlo, sia da più grande quando ho potuto cominciare a guardarlo con spirito un po' più oggettivo.
Ancora non ho trovato un sostenitore del grembiule che sia riuscito a darmi una giustificazione che risulti per me sufficientemente sensata da giustificare la divisa scolastica.
Dicono che il grembiule serva a far capire ai bambini che siamo tutti uguali: il problema è che non è vero che siamo tutti uguali e prima i bambini lo capiscono prima potranno farsene una ragione o imparare che forse è molto bello che non lo siamo. Nascondere dietro un grembiule i vestiti firmati non serve a nulla, perchè i bambini parlano, perchè in fondo i bambini non sono stupidi come piace pensare a grandi. Con i grembiuli vogliamo insegnare ai bambini che nonostante ciò che indossiamo siamo tutti uguali, e allora perchè gli adulti non indossano grembiuli? E un domani cosa faremo? Faremo indossare delle maschere tutte uguali ai nostri figli dicendogli "non importa cosa c'è dietro la maschera siamo tutti uguali"? Che orrore.
Se poi parliamo di adolescenti, la divisa scolastica serve ancora meno, da questo punto di vista. E' incredibilmente stupido cercare di far credere ai ragazzi che sono tutti uguali: spieghiamogli da subito che non lo sono, facciamogli capire perchè questo è normale e che, come ogni cosa della vita, a volte è una cosa piacevole e altre volte lo è meno. Dimostriamogli che la differenza e la diversità può essere un valore e non una mancanza.
Ho persino sentito dire "non chiamiamola divisa, ma uniforme, affinchè unisca invece di dividere". Cosa? Invece di insegnare ai ragazzi a non uniformarsi, a pensare fuori dagli schemi, dovremmo insegnargli a seguire il gregge, ovvero ad uniformarsi? Ma si, tutti vestiti allo stesso modo e le pecore nere fuori dalle scatole.
A quelli che, invece, dicono ci sia bisogno di riportare un po' di buona creanza nel vestire dei ragazzi, dico che forse sarebbe meglio insegnare e rendere consapevoli questi ragazzi di cosa comunicano vestendosi in un certo modo: spiegarsi che anche il vestirsi è un linguaggio di comunicazione, a volte molto più efficacie di tante parole. Consapevolezza. Che i ragazzi siano consapevoli, perchè possano avere i mezzi per decidere da sè cosa fare e come vestirsi.
Poi a cosa serve il grembiule se ognuno può comprare quello che vuole: Armani, Gormiti, Pokemon, Wynx e siamo daccapo. Per non aprire il capitolo maschietti contro femminucce: non è discriminatorio e divisorio che i maschi abbiano solitamente un grembiule blu/azzurro e le femmine un grembiule rosa? Se dobbiamo essere tutti uguali dobbiamo esserlo da tutti i punti di vista, se no ha ancora meno senso di quel poco che già ha.
Il fatto è uno solo: siamo tutti diversi indipendentemente da come ci vestiamo, dovremmo imparare ad apprezzare i lati positivi di questa diversità, perchè un coglione è sempre un coglione con la divisa scolastica o senza, la quale, così come qualsiasi altra divisa, targhetta, effigie, uniforme o quant'altro, non fa che creare l'illusione di unione o divisione.

NOW ON AIR: "More than a feeling" Boston