martedì, maggio 24, 2011

The Prestige


Galeotta fu una canzone, per la precisione Kevin Spacey di Caparezza, in cui l'artista pugliese ci rivela i "colpi di scena"/"finali a sorpresa" di diversi film più o meno recenti. Uno di questi film è The Prestige, film che avevo già visto e che ricordavo come bellissimo ma ricordando poco della trama, soprattutto ascoltando la suddetta canzone, ho avuto il forte impulso di rivederlo, perché il colpo di scena riportato dal già citato cantante non mi faceva ricordare niente del film, anzi mi sembrava in contrasto con quel poco che ricordavo. Rivedendolo ho realizzato il perché di questa mia perplessità: nel profondo della mia mente ricordavo che quel colpo di scena non era il vero colpo di scena.
Come il personaggio interpretato da Michael Caine ci dice:

Ogni numero di magia è composto da tre parti, o atti. La prima parte è chiamata "la promessa", l'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario, un mazzo di carte, un uccellino o un uomo; vi mostra questo oggetto [...]. Il secondo atto è chiamato "la svolta", l'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando, voi non volete saperlo, voi volete essere ingannati, ma ancora non applaudite, perché far sparire qualcosa non è sufficiente, bisogna anche farla riapparire, ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo "il prestigio".
Il colpo di scena rivelato da Caparezza in realtà non è proprio un colpo di scena, in verità, se si guarda con attenzione, è abbastanza prevedibile, rivelabile da diversi indizi non molto nascosti, nella mia visione si tratta quindi de "la svolta" a cui seguirà, al termine del film, il vero e proprio "prestigio". Guardandola in un altro modo si potrebbe pensare anche a diversi "promesse", "svolte" e "prestigi" intrecciati tra loro, ma anche nascosti l'un nell'altro: un film complesso ma non complicato, sicuramente affascinante, in cui, alla fine tutti i nodi vengono al pettine.
Ogni altra cosa che potrei dire sarebbe superflua o potrebbe infastidire chi ancora non ha visto il film, chi l'ha già visto non potrà non capire di cosa sto parlando, quindi non mi rimane che ribadire che si tratta di uno dei più bei film che io abbia visto e consigliarne la visione a tutti.

NOW ON AIR: "Need you tonight" INXS

sabato, maggio 14, 2011

Splice


Ho appena finito di vedere Splice e mi sento molto sollevato... perché finalmente è finito. Avevo deciso di vedere questo film perché mi era capitato di leggere delle recensioni positive che mi hanno instillato notevole interesse. Tante attese sono state presto infrante da un film che definisco, senza paura di offendere nessuno, squallido e insulso, sicuramente banale. La storia è estremamente lineare e prevedibile, lo sviluppo dei personaggi è ridotto all'osso.
Non mi rimane da fare altro che sconsigliarne fortemente la visione, tranne ai veri amanti del cinema che potranno trovarvi una fondamentale pietra miliare del "cinema brutto".

NOW ON AIR: "The story" 30 Seconds To Mars

sabato, maggio 07, 2011

Un oscuro scrutare


Un oscuro scrutare (A scanner darkly) è molto diverso dagli altri libri di Philip K. Dick che ho letto; leggendolo ho avuto l'impressione che dentro ci fosse molto più che letteratura: in questo libro credo di aver trovato più autore che romanzo. Un oscuro scrutare decisamente non è un romanzo di fantascienza, perché oltre a qualche artefatto futuristico che ancora non appartiene alle nostre vite (tuta disindividuante, cafaloscopio, ecc.) l'ambientazione è attuale e realistica. Si tratta di una sorta di thriller poliziesco nella forma, ma nella sostanza sembra voler essere una qualche forma di denuncia sociale, denuncia che a mio parere resta alquanto incompiuta.
Una nuova droga è disponibile sul mercato, la Sostanza M, la "lenta morte"; composizione ed origine della nuova droga sono ignote alla polizia che decide di infiltrare degli agenti tra i tossici per risalire dai consumatori ai produttori tramite spacciatori e distributori. Bob Arctor è il nostro protagonista, agente infiltrato della narcotici che vive una vita di copertura da tossico nella sua casa di periferia in cui ospita una piccola comunità di disadattati. Bob rimarrà invischiato nella sua copertura più di quanto avrebbe immaginato prima di cominciare questa avventura, diventerà senza accorgersene "uno di loro". Nell'evolversi finale delle vicende potremmo gustarci due interessanti colpi di scena che rendono parzialmente credibile il romanzo come "giallo" e anche come dickiano.
Particolarmente interessante, e in un certo senso molto dickiano, ho trovato il rovesciamento della tradizionale copertura dell'infiltrato: normalmente l'agente della narcotici ha una vita di copertura verso il mondo in cui deve infiltrarsi, gli viene assegnata un'identità fittizia dietro la quale celarsi agli occhi dei malviventi che deve controllare, spacciatori e tossici. Nel libro di Dick, invece, Bob Arctor è Bob Arctor, certo non dice ai suoi amici-tossici di essere un infiltrato della narcotici ma tutto il resto è vero, la sua casa, la sua macchina, la sua personalità; al contrario è verso le autorità che la sua identità viene celata, tramite l'artificio della tuta disindividuante: tutti alla stazione di polizia, sezione narcotici, indossano la tuta disindividuante per non riconoscersi l'un l'altro. Così nessuno può associare, o almeno dovrebbe poter associare, Bob Arctor all'agente che ogni settimana fa rapporto al suo responsabile alla centrale. Proprio l'uso della tuta disindividuante condurrà ad una sorprendente rivelazione nell'evolversi delle vicende.
Rispetto agli altri romanzi di Dick che ho letto questo mi è sembrato più emotivo e meno immaginifico, dedicato dall'autore a persone che hanno fatto parte del suo passato, che lui ha amato e con le quali ha condiviso un periodo importante della sua vita, gli anni '60: un periodo che lui stesso definisce "ricco di errori", errori che però spesso sono stati puniti troppo duramente. L'edizione Fanucci di questo romanzo è corredata da una nota dell'autore che risulta più toccante e profonda del romanzo e che, in poche parole, dice molto su quello che in realtà c'è dietro alla storia di fantasia.


Un oscuro scrutare è anche un film. Un film particolare nella forma, perché realizzato interamente con la tecnica del rotoscopio combinato con l'uso degli acquarelli. Tale tecnica è particolarmente efficace nel rappresentare scene distorte e surreali, scene che sarebbe stato molto più complesso realizzare tramite altre tecniche: ritengo che l'immagine prodotta dia effettivamente l'idea della percezione alterata che può derivare dall'uso di sostanze stupefacenti. Risulta poi particolarmente efficace nella rappresentazione della tuta disindividuante, la cui realizzazione tramite altre tecniche avrebbe potuto essere fin troppo complessa, ma anche condurre a risultati poco credibili, se non addirittura ridicoli.
Nel contenuto, invece, il film risulta molto aderente al romanzo originale e credo che sia un lato positivo. L'unico piccolo difetto che ho trovato in questo film è che i protagonisti non sembrano mai veramente "fatti", anche quando dalla storia si capisce che qualcuno dovrebbe "essere fuori", nella maggior parte dei casi, non lo è mai veramente: nei protagonisti c'è troppa lucidità e padronanza di sè, nei gesti più che nelle parole, per risultare veramente credibili come tossicodipendenti. QUesto difetto vale un po' per tutti i protagonisti, tranne che per Charles Freck, il primo che incontriamo e decisamente fuso dall'inizio alla fine.
In conclusione direi che è un buon film, consigliato soprattutto a quelli che amano Dick senza se e senza ma.

NOW ON AIR: "Lullaby" The Cure