sabato, novembre 12, 2011

Curiosità, interesse, passione

Sono curioso di tutto, ma veramente tutto, lo sono sempre stato, dalla cucina alla meccanica, dalla pittura alla fisica dei quanti. Io guardo, osservo, ascolto, leggo, rifletto, scrivo, rileggo, schematizzo... a volte cerco anche di ricordare, ma la maggior parte delle volte i concetti acquisiti svaniscono presto. Svaniscono perché manca loro qualcosa a cui attaccarsi per rimanere ancorati nella mia memoria a lungo termine.

Questa mia curiosità così vasta e, forse, dispersiva, mi impedisce di interessarmi veramente alle cose. Forse è paradossale, o forse non lo è. Non sono mai riuscito ad interessarmi davvero a qualcosa, forse è colpa del modo in cui lavora la mia curiosità, oppure c'è qualcosa di più profondo che mi impedisce di interessarmi e che mi consente, al massimo, di avere curiosità per le cose. Non ho ancora capito questo aspetto di me, ma mi piacerebbe tanto farlo. Certo è che l'assenza di interesse è alla base della mia incapacità di ricordare la maggior parte delle cose che approfondisco per curiosità.

Mancando completamente la fase dell'interesse, ovviamente mi manca anche la capacità di appassionarmi, alle cose, alle attività, alle persone. Non è certo un gran problema, si può vivere anche senza passioni: si può respirare, si può mangiare, si può bere, anche senza passioni o interessi. Ma lo si fa con molta più fatica. Anzi, si vive con la stessa fatica di tutti gli altri ma sentendola molto di più, perché non hai qualcosa che ti alleggerisce il peso di quello che "devi" fare.

La differenza tra un capriccio e una passione che dura una vita è che il capriccio dura un po' più a lungo.

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray

NOW ON AIR: "Faint" Linkin Park

martedì, novembre 01, 2011

Tre film da evitare

Negli ultimi giorni mi è capitato di vedere tre film che voglio sconsigliare vivamente. Due mi sono stati vivamente consigliati e ripetutamente elogiati per l'originalità e la bellezza, il terzo me lo sono trovato per le mani e ne ho approfittato... avrei fatto meglio a dormire. Ma andiamo per ordine.

In un mondo migliore
Un film danese della regista Susanne Bier, vincitore di un Golden Globe e di un Oscar, entrambi come migliore film straniero. Di solito evito accuratamente i film vincitori di Oscar ma questa volta non sono stato sufficientemente accorto. Per essere decisamente sintetico mi piacerebbe definirlo "superfluo" perché non mi ha dato niente, a parte la noia nel seguirlo. Una trama non particolarmente articolata e che nonostante questo affronta molteplici temi senza mai giungere al nocciolo di nessuno di questi. Un racconto mediocre di una vicenda drammatica che si conclude, a mio modo di vedere, in modo bizzarro, per non dire grottesco.

Lo scafandro e la farfalla
Le premesse erano ottime.

Il film è basato sull'omonima monografia di Jean-Dominique Bauby, Lo scafandro e la farfalla, in cui Bauby descrive la sua vita dopo aver avuto un ictus all'età di 43 anni, che lo ha ridotto in uno stato di sindrome locked-in, lasciandogli come unico mezzo di comunicazione con il mondo il battito della palpebra sinistra. Il protagonista si risveglia su un letto d'ospedale, dopo 3 settimane di coma, impossibilitato a comunicare.

Wikipedia (it.wikipedia.org)
Lo scenario ideale per sviluppare una profonda analisi del senso della vita e delle difficoltà che essa ci mette di fronte, un'opportunità per riflettere sull'esistenza dell'uomo approfittando di una di quelle situazioni estreme che permettono di guardare la vita quasi dall'esterno ma con un coinvolgimento amplificato dalla drammaticità della condizione del protagonista.
Il risultato, invece, è un indecente banalità che non riesce a coinvolgere neanche per un istante, che non commuove, che non fa riflettere. C'è vita nel film, ma vita fin troppo ordinaria per poter assumere quel significato "oltre-vitale" che avrebbe potuto avere e che mi aspettavo, in nessun aspetto il film riesce a superare il muro della mera esistenza per cercare almeno di sfiorare il nucleo della Vita.
Noia assoluta, quella che non ti fa vedere l'ora che il film finisca.
Nota a margine: Emmanuelle Seigner è una donna che ho trovato sempre incredibilmente affascinante, una di quelle donne che secondo me non si può definire propriamente bella ma che è in grado di stregarti con uno sguardo, come attrice decisamente non risalta ma mi fa sempre piacere vederla.

Salt
Questo non mi è stato consigliato, ma ho avuto l'occasione di vederlo, non mi andava di stare ancora davanti al pc (ora che lavoro tutto il giorno davanti al pc) e allora ho colto l'occasione. In questo caso ho avuto una minore delusione, ma solo perché non mi aspettavo niente. Clamorosamente, da niente che mi aspettavo mi è venuto decisamente niente. Un film inconsistente, poco credibile e che, a differenza di altri rappresentanti del suo genere, non riesce neanche ad intrattenere. I personaggi sono inesistenti, intuisci che ci sono solo perché li vedi; la trama è decisamente prevedibile; il finale è aperto. Ci sono tutti gli elementi del film di serie B e la presenza di Angelina Jolie non contribuisce minimamente ad alzare il livello complessivo, anzi sembra quasi ottenere l'effetto contrario, affondando ancora di più il film nell'amarezza della futilità.

NOW ON AIR: "Black star" Radiohead

sabato, ottobre 22, 2011

Il dono della sintesi

Mi piacerebbe avere il proverbiale dono della sintesi.
In attesa di riceverlo, mi cullerò ancora qualche tempo nell'illusione che chi riesce ad essere sintetico lo è perché ha poco da dire.

NOW ON AIR: "You oughta know" Alanis Morisette

martedì, ottobre 04, 2011

Il castello dei destini incrociati


Il castello dei destini incrociati è un'opera di Italo Calvino pubblicata nel 1973.

In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti. Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo. Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena: da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un ordine né ai movimenti né ai pensieri.
Salii una scalinata; mi trovai in una sala alta e spaziosa: molte persone - certamente anch'essi ospiti di passaggio, che m'avevano preceduto per le vie della foresta - sedevano a cena attorno a un desco illuminato da candelieri.
[...] Deciso a rompere quel che credevo un torpore delle lingue dopo le fatiche del viaggio, feci per sbottare in un'esclamazione clamorosa come: "Buon pro!" "Alla buon'ora!" "Qual buon vento!": ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. Il tambureggiare dei cucchiai e l'acciottolio di coppe e stoviglie bastavano a convincermi che non ero diventato sordo: non mi restava che supporre d'esser muto. Me lo confermarono i commensali, muovendo anch'essi le labbra in silenzio con aria graziosamente rassegnata: era chiaro che la traversata del bosco era costata a ciascuno di noi la perdita della favella.
Fin qui l'antefatto: una compagnia molto varia riunita a cena; come spesso accade in questi consessi non previsti, ognuno avrebbe una storia che val la pena di esser raccontata e di esser ascoltata. Ma ai nostri eroi manca la capacità di raccontare tramite le parole. Ecco quindi intervenire "la trovata", lo stratagemma alla base dell'opera.
[...] sulla tavola appena sparecchiata, colui che pareva essere il castellano posò un mazzo di carte da gioco.
[...] Uno dei commensali tirò a sé le carte sparse, lasciando sgombra una larga parte del tavolo; ma non le radunò in mazzo né le mescolò; prese una carta e la posò davanti a sé. Tutti notammo la somiglianza tra il suo viso e quello della figura, e ci parve di capire che con quella carta egli voleva dire "Io" e che s'accingeva a raccontare la sua storia.
Da qui in poi, il nostro cavaliere ci guida attraverso le sue interpretazioni delle storie raccontate da alcuni commensali tramite l'uso dei tarocchi.
Ho trovato l'espediente del castello "magico" e dei tarocchi usati come mezzo di comunicazione visiva davvero molto originale, quantomeno non banale, e intrigante; la mia curiosità si è subito accesa. Il mio interesse è rimasto, però, presto deluso: al di là del modo di raccontarle, le vicende raccontate sono, infatti, fin troppo semplici, banali, decisamente poco originali (alcune sono palesemente ispirate, ad essere meno diplomatici si potrebbe dire copiate, dall'Orlando Furioso).
Nonostante l'inconsueta trovata e l'ottimo stile, caratteristico di Calvino, l'opera mi è risultata indigesta, tanto da riuscire a giungere alla fine del volume solo con grandissima fatica.
In sostanza una lettura decisamente sconsigliata: nessun intrattenimento, sostanza fin troppo nascosta nelle pieghe della forma, troppa "forma", un'ottima forma ma non sufficiente a giustificarne la lettura. A mio parere, ovviamente.

NOW ON AIR: "Runaway train" Soul Asylum

Open-minded

La mente più aperta spesso finisce per chiudersi in sé stessa, concentrata com'è ad esplorare le infinite possibilità della realtà.

NOW ON AIR: "Hurt" Nine Inch Nails

lunedì, settembre 26, 2011

La spada della verità - Volume 1


Ho letto La spada della verità - Volume 1 di Terry Goodkind (nell'edizione Fanucci tale volume contiene i primi due romanzi del ciclo, L'assedio delle tenebre e La profezia del Mago).
Mi sono avvicinato a quest'opera perché appassionato alla serie TV ad essa ispirata e, purtroppo, mi sono dovuto presto pentire. L'opera letteraria è, infatti, di scarso livello, mal scritta, prevedibile; molto di quello che si legge sa di già sentito. Per sintetizzare la definirei ingenua e poco originale.
Richard Cypher è l'ennesimo anti-eroe, il ragazzo dall'animo puro che vive ai margini della società della propria patria, pensando più alla sostanza della vita che alla forma. Sempre pronto ad aiutare gli altri, casualmente Richard si imbatte in qualcuno che ha un gran bisogno d'aiuto, la bellissima Khalan Amnell... ma com'è che le donzelle in difficoltà non sono mai brutte? Non sarà mica che nessuno si prende il disturbo di salvarne una brutta e quindi poi non c'è niente da scrivere? E' vero che pian piano Khalan si rivela non essere la solita pulzella indifesa ma il personaggio che viene fuori non risulta essere interessante come potrebbe, finendo per essere più che altro una ragazzina intrappolata in un corpo da donna dalle "paturnie" che non faccio troppa fatica a definire adolescenziali. Per completare il cliché dell'eroe tormentato, invece, Richard è senza mamma e da poco ha perso anche il padre in circostanze sospette e che, naturalmente, soltanto a lui si mostrano tali. Un amico di vecchia data che nasconde molti segreti e un super-cattivo che sopravvaluta continuamente la sua superiorità gettando al vento decine di opportunità per liberarsi definitivamente dei miseri esseri che tentano di ostacolarlo (a.k.a. "i nostri protagonisti"), completano il quadro della più completa banalità.
Ovviamente Richard dovrà farsi carico di un fardello che appare troppo pesante per lui e, ovviamente, contro ogni aspettativa, lui si rivelerà essere... odio gli spoiler quindi mi fermo qui.
Naturalmente io sono un gran masochista, quindi leggerò anche gli altri volumi del ciclo, almeno gli altri quattro che mi hanno regalato, ma a chi si volesse avvicinare per la prima volta consiglio di starsene decisamente alla larga. Per passare qualche serata spensierata, invece, consiglio la visione della serie TV che si differenzia notevolmente dal libro sia nella trama che nello sviluppo dei personaggi, avvertendo sin da subito, però, che essa risulta incompleta: dopo due stagioni, il progetto è stato chiuso e la trama è rimasta aperta.
A completare un quadro di certo non esaltante, nella versione italiana del romanzo, ci pensa una traduzione a tratti surreale che, per lo più, mostra come i correttori di bozze sarebbero ancora molto utili, se non indispensabili per realizzare dei prodotti di qualità. Un esempio di scempio della lingua possiamo trovarlo già nelle prime pagine (la seconda dell'edizione Fanucci).

L'aspetto che amava di più del suo lavoro non fosse tanto il trovare, quanto il cercare.
Errori di questo genere, in questa edizione Fanucci, nono sono di certo la regola ma faccio anche fatica a definirli eccezioni.

NOW ON AIR: "Smoke" Natalie Imbruglia

venerdì, settembre 23, 2011

Cos'è la realtà?

Una domanda che mi sono posto spesso: cos'è reale e cosa non lo è?
Mi interessa per un motivo molto semplice, tutto ciò che non è reale non mi interessa, io voglio concentrarmi solo su ciò che esiste veramente, solo tra quelle cose posso trovare ciò che conta. Non si può basare la propria esistenza su qualcosa che esiste solo per noi o per un numero più o meno ristretto di persone. Una cosa può essere importante solo se è oggettiva e reale, altrimenti si tratta soltanto di illusione.
Allora dobbiamo capire cosa è reale e cosa non lo è, come fare? Ho cercato di definire ciò che reale per distinguerlo da ciò che non lo è, definire quelle caratteristiche che rendono una cosa reale, ma non ci sono mai riuscito, il compito mi è sempre sembrato troppo complesso.
Non sono riuscito ad andare oltre questo: reale è tutto ciò che esiste indipendentemente dalla mia percezione. Ma questa definizione è un po' troppo metafisica: come facciamo a definire in modo netto ed indiscutibile cosa è percezione soggettiva e cosa non lo è? Inoltre è inevitabile concordare che l'unico mezzo che ci permette di conoscere ciò che abbiamo intorno è proprio la percezione; quindi dovremmo affermare che tutto è irreale? O che almeno non siamo in grado di definire cosa sia reale e cosa non lo sia? In altre parole, dovremmo semplicemente arrenderci?

Poi un giorno leggendo un libro di fantascienza mi trovo di fronte una definizione fin troppo semplice e mi trovo a chiedermi come ho fatto a non arrivarci da solo; a dire il vero ero nella giusta direzione ma lontano dal trovare la sintesi che invece caratterizza la frase che mi ha colpito così tanto.

La realtà è quello che quando uno smette di crederci non sparisce.

        Valis, Philip K. Dick
A volte le cose più semplici sono quelle più difficili da raggiungere.
Nella sua semplicità, comunque, questa frase non mi sembra completamente corretta in italiano, mi sembra almeno un po' contorta nella sua formulazione (questione di posizionamento dei soggetti, lontananza del soggetto dal verbo, non lo so spiegare). Nonostante faccia perfettamente capire il senso del pensiero che gli sta dietro, ho quindi deciso di includere anche la citazione in lingua originale.
Reality is that which, when you stop believing in it, doesn't go away.

        Valis, Philip K. Dick


In conclusione, diciamo che non so se la definizione di Dick sia più corretta, o più sensata, probabilmente è più utile della mia, perché sembra essere più concreta.

NOW ON AIR: "Il sole" Ministri

lunedì, settembre 19, 2011

Il piccolo arrampicatore d'alberi



Ricordo distintamente che quando ero bambino salivo sugli alberi e non avevo paura; non importava quanto l'albero fosse alto o fragile o quanto la presa fosse debole, non avevo paura. Probabilmente si trattava di incoscienza. Non avevo paura e non sono mai caduto.
Poi, un giorno, non ricordo quale, non ricordo il perché, tutto cambiò: non riuscii più a salire senza avere paura di cadere. Quel giorno la mia vita divenne peggiore e non solo in relazione agli alberi, in fondo non è così importante salire su un albero almeno che tu non sia un potatore.
Mi mancano tanto quei giorni in cui mi sentivo libero e sicuro nell'arrampicarmi, vorrei essere ancora lì, su uno di quegli alberi. Vorrei essere di nuovo quel ragazzino, già così pieno di problemi ma completamente inconsapevole di quelli che sarebbero venuti.

NOW ON AIR: "Reach" Collective Soul

venerdì, settembre 16, 2011

La vita come campo di battaglia

Da una pagina del mio diario personale (quello cartaceo).

La vita è come un campo di battaglia su cui qualcuno ci ha portato a forza, senza chiederci se volevamo o meno combattere.
Una volta che sei nel campo di battaglia però non conta quello che c'era prima, devi solo scegliere se vuoi combattere o meno, qualche grande condottiero direbbe "combattere o morire".
Io non riesco a combattere e basta, avrei bisogno di qualcosa per cui combattere ma non ho niente, niente per cui sento che valga la pena farlo. La vita in sé stessa dovrebbe forse essere lo scopo della battaglia e della vittoria?
L'unica cosa che riesco a fare è sedermi, sedermi nel mezzo del campo di battaglia e aspettare, non so cosa, forse semplicemente che succeda qualcosa.

NOW ON AIR: "Wicked game" HIM

mercoledì, luglio 20, 2011

Pari opportunità a tutti i costi

Qualche giorno fa il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio ha azzerato la Giunta del Comune di Roma.

Azzerata. Da ieri la capitale d'Italia è senza giunta comunale. A disporre l'annullamento della nomina degli assessori romani, undici uomini e una sola donna, è stata ieri la seconda sezione del Tar Lazio, che ha accolto i ricorsi presentati da Verdi, Pd e Sel per violazione dell'articolo 5 dello Statuto che impone un equilibrato rapporto tra i sessi in seno al governo locale e il rispetto del principio delle pari opportunità.

da Repubblica.it
Ieri, il sindaco Alemanno ha risolto così: ribadendo la Giunta che c'era prima, affidando a Sveva Belviso, già asssessore alle politiche sociali, il ruolo di vice sindaco, e introducendo un nuovo ruolo (nuovo assessore con la delega della promozione dei grandi eventi e della candidatura olimpica) affidato a Rosella Sensi (ex-presidente dell'A.S. Roma). Voglio sottolineare qualche punto, alcuni un po' più generali altri più specifici.

0. Una donna in più nel consiglio ristabilisce "un equilibrato rapporto tra i sessi in seno al governo locale"? Domanda retorica, se volete potete rispondere ma non è necessario.

1. Spero che Rosella Sensi faccia bene nel suo nuovo ruolo, ma fino ad ora ha dimostrato veramente poco come amministratore, qualcuno direbbe che ha dimostrato di non essere all'altezza di ricoprire un ruolo di responsabilità (specialmente alcuni tifosi della Roma). Io non voglio arrivare a tanto, semplicemente perché non la conosco così bene per farlo, ma di certo non ha dimostrato la sicurezza e il piglio che mi aspetterei da un assessore o anche semplicemente da un amministratore, troppo spesso è invece sembrata timida, insicura, remissiva. Direi che soffre degli stessi difetti di molti giovani italiani che sono cresciuti negli ultimi trent'anni in Italia, accuditi così bene dai genitori e accompagnati con tanta dolcezza da renderli incapaci di "fare" veramente e concretamente (mi ci metto dentro anche io). Ma, mi chiedo, sono queste le caratteristiche degli amministratori che vogliamo? Inoltre parlando di pari opportunità, mi sembra che come donna abbia dimostrato ben poca autonomia rispetto al mondo maschilista della politica e del calcio, troppo spesso attaccata, nelle sue vicende, alle giacche di noti grandi vecchi della politica, sia amministrativa che calcistica.
Sinceramente non credo che abbia le capacità per ricoprire in modo proficuo tale ruolo, ma spero vivamente di essere presto smentito dai fatti.

2. Vogliamo veramente questo tipo di pari opportunità, queste pari opportunità imposte per legge e che inevitabilmente si rivoltano contro lo stesso diritto che dovrebbero difendere? Non si può imporre l'uguaglianza per legge, ma solo per cultura. Imporre una donna solo perché è donna è una discriminazione nella discriminazine (non mi riferisco qui a Rosella Sensi, la sua vicenda rappresenta solo uno spunto di riflessione): adesso siamo tutti contenti perché c'è una donna in più nel consiglio di amministrazione, ma cosa sa fare quella donna? Come si è meritata quel posto? Qual è il suo merito? Solo quello di essere donna? Mi dispiace doverlo dire, ma è vero, troppo spesso sono le donne stesse che generano diversità: rimanendo alla politica, molto molto raramente ho incontrato una donna che desiderasse votare per una donna alle elezioni, o anche solo per un partito che dimostrava di dare veramente importanza alle donne. Mi sembra che questo stia cambiando, per fortuna, con le nuove generazioni, ma ancora troppo spesso si fa esclusivamente una questione di genere, a prescindere da capacità e potenzialità.

3. Una donna non è migliore di un uomo a prescindere, così come non vale il contrario e non si può imporre per legge la presenza di un certo numero di donne nelle giunte, nei parlamenti, nei consigli di amministrazione, perché così si sminuiscono le donne, sia sotto il punto di vista umano che sotto quello lavorativo. Una legge che impone di inserire una certa quantità prestabilita di donne in ruoli di potere giustifica chi pensa che le donne siano inferiori e che abbiano bisogno di leggi che le tutelino, come fossero portatori di handicap, come fossero una categoria da proteggere. Ciò contribuisce a favorire negli uomini l'idea che la donna sia inferiore e questo culturalmente è sbagliato (certo, negli uomini stupidi, ma ce ne sono tanti, più o meno quanto le donne stupide). Inoltre, costringere gli uomini di potere ad inserire forzatamente donne tra i loro consiglieri gli offre l'opportunità di rafforzare la propria "leadership maschilista" da capo-branco, inserendo nei consigli donne che magari sono a loro asservite in tutto e per tutto, guadagnando in pari opportunità e contemporaneamente perdendo tantissimo in democrazia.

Io da hanni propongo (principalmente a me stesso) una legge sulle dispari opportunità. L'idea è semplice, che ogni essere umano venga giudicato soltanto per le sue capacità, indipendentemente che sia uomo, donna, anziano, bambino, eterosessuale, omosessuale, asessuale, indigeno, straniero o marziano; che ogni individuo possa essere giudicato e valutato soltanto per ciò che realmente è: un individuo diverso da qualsiasi altro individuo nell'Universo. Ma come si fa a scrivere una legge così, non si può, men che meno una che funzioni concretamente; ribadisco che l'unica speranza è di natura culturale: quando le mamme e i papà smetteranno di crescere i figli con pregiudizi e finte parità trasmesse consapevolmente o meno, quando finalmente tutti capiranno che siamo tutti diversi l'uno dall'altro e che dobbiamo essere giudicati tutti per ogni cosa che facciamo e giudicati per tutte le nostre caratteristiche e non solo per quelle che risaltano più delle altre (come il sesso), allora forse potremmo sperare di vivere in un mondo migliore senza leggi stupide e che alla prova dei fatti si rivelano spesso dannose più che inutili, come quella sulle pari opportunità.

NOTA: in alcuni paesi scandinavi esistono leggi per le pari opportunità "al contrario", dove gli uomini sono tutelati e hanno per legge un certo numero di posti riservati sia nei consigli di amministrazione delle società private che nelle amministrazioni pubbliche. Sembrerebbe che nei paesi scandinavi le donne siano non statisticamente ma concretamente più brave e competenti degli uomini e per questo riescano a surclassarli in modo imbarazzante nelle posizioni di potere, tanto che se non ci fosse la legge che tutela gli uomini molti consigli di amministrazione sarebbero completamente composti da donne. Bene, io dico che questa legge è ingiusta, se non ci sono uomini che meritano posti di potere è giusto che il consiglio di amministrazione sia completamente femminile, con tutto ciò che ne consegue. La legge che tutela gli uomini è, a mio avviso, tanto ingiusta quanto quella che tutela le donne.

PS: Ribadisco ancora una volta che le opinioni espresse in questo post non vogliono in alcuna misura attaccare personalmente la dottoressa Rosella Sensi, o criticare le vicende qui descritte che la coinvolgono più di quanto esplicitamente espresso nelle righe precedenti. I fatti cui si accenna all'inizio del post sono più che altro uno spunto per una riflessione molto più ampia che meditavo da molto tempo e che rigurda il mondo in generale e non solo il Comune di Roma.

domenica, luglio 10, 2011

Terremoto in diretta

Ho appena sentito una scossa di terremoto (abito nella periferia Est di Roma), ma sono il solo che l'ha sentita in casa.
Vediamo se tra qualche minuto esce qualche notizia.

Update 10/07/2011 20.26: in molti hanno sentito la scossa, stando ai commenti, qualcosa sicuramente è successo, a ulteriore comferma il sito dell'INGV risulta irraggiungibile, sarà sovraccarico o in aggiornamento?

Update 10/07/2011 20.34: entità 3.2 (comunicato ufficiale)

Update 10/07/2011 21.00: foto dell'area da Google Maps

Così lontano, così vicino


Così lontano, così vicino è il seguito de Il cielo sopra Berlino in cui ritroviamo tutti i personaggi principali con l'aggiunta di qualche nuova entrata. Dico subito che anche questo film è molto bello; anche questo è lungo, lento, intenso, emozionante e non banale, ma l'ho trovato anche maggiormente criptico e più caotico rispetto al precedente. Mi verrebbe da dire meno accessibile ma senza sapere spiegare perché, forse rivedendolo o semplicemente tra qualche tempo avrò le idee più chiare al riguardo.
Il film è anch'esso ambientato a Berlino, dove Damiel, l'angelo divenuto umano nel precedente film sembra essersi ambientato benissimo: l'amore, una figlia e un ristorante-pizzeria chiamato Casa dell'Angelo (fa finta di essere italiano). Questa volta è Cassiel che si trova a "cadere" ma, mentre ciò che aveva spinto Damiel al passaggio era quello che potremmo definire uno scopo a lungo termine, quello di Cassiel, per contrasto, risulta essere uno scopo a breve termine che si esaurisce subito dopo la caduta. Ovviamente questa differenza si farà sentire pesantemente sul neo-umano: Cassiel subirà duramente il contraccolpo della caduta, con pericolosi alti e bassi che invece non avevano caratterizzato quella dell'amico Damiel.
Ne Il cielo sopra Berlino avevo colto, quasi senza accorgermene, una certa importanza assegnata al tempo, ho scritto: "La loro è un'esistenza senza tempo [...]"; in questo film, invece, il tempo non è più un sottotesto, non è una presenza secondaria, è invece protagonista tanto quanto Cassiel, è centrale nella trama. Il misteriosissimo personaggio interpretato da Willem Dafoe si chiama Emit Flesti, che letto al contrario è Time Iteself (il tempo stesso). I riferimenti al tempo non si fermano al nome di questo personaggio ma pervadono l'intero film sotto diversi punti di vista.
Ma adesso basta, ho spoilerato già abbastanza per i miei gusti.
Aggiungo soltanto che da assoluto non-amante dei viaggi, Wenders mi ha comunque instillato un po' di voglia di visitare Berlino con le bellissime immagini che è riuscito a creare... per mia fortuna sono passati quasi vent'anni e quindi sarebbe inutile partire per vedere una Berlino che di certo non c'è più (meno male anche stavolta ho trovato una scusa per non partire).
Decisamente consigliato.

NOW ON AIR: "Perfect day" Lou Reed

Yattaman (Il film)


Non l'avessi mai fatto... perché ho deciso di vedere questo film? Sarò sincero, mi sono rovinato il bel ricordo del cartone animato che, insieme a tanti altri, mi ha accompagnato nella mia fanciullezza. Ho trovato questo film incredibilmente noioso, tanto da non riuscire a vederlo in un'unica volta, ho dovuto lasciarlo li da un lato e riprenderlo dopo qualche giorno. Alla fine del film ero sollevato. Uno di quei film che assolutamente non consiglio di vedere, anzi che consiglio di evitare come la peste.
Solo pochissime scene si salvano regalando una risatina o un mezzo sorriso, ma direi che si contano sulle dita di una mano e sono ben poca cosa rispetto all'intero film, inoltre, a volte sono addiritura scollegate dalla trama.
Lo descriverei così: la trama di un paio di episodi del cartone animato (durata del singolo episodio circa 20 minuti) stressati per coprire circa un'ora e mezza di film, conditi con una buona dose di autoironia (in alcuni punti il film sembra una parodia più che un omaggio).
Deisamente sconsigliato.

NOW ON AIR: "Many of horror" Biffy Clyro

martedì, luglio 05, 2011

Il cielo sopra Berlino


Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin, Wings of desire) è un film di Wim Wenders che ho trovato molto molto bello. Ammetto che sia lungo e lento ma è molto intenso, emozionante, coinvolgente e assolutamente non banale.
Ovunque intorno a noi ci sono angeli, presenze che non siamo in grado di percepire (almeno da adulti) ma che ci sono sempre accanto, ci osservano, ci seguono, ci ascoltano e ci sostengono. La loro è un'esistenza senza tempo, sono ovunque, da sempre; sono tra noi ma ci conoscono solo tramite ciò che vedono e che ascoltano, non solo le nostre parole, anche i nostri pensieri: vivono il mondo materiale in modo indiretto. Per questo il nostro mondo rimane per loro pervaso da un certo alone di mistero. A parte questa differenza nel sentire, probabilmente sono più simili a noi di quanto non sembrino e, forse, per questo ogni tanto qualche angelo sente il bisogno di "andare oltre".
Per me Il cielo sopra Berlino è un film d'amore ma non solo, è anche un film che fa riflettere, anzi è un film di riflessioni, un film che accarezza dolcemente l'anima e la mente. E' un film in cui si fanno tante domande e che ti costringe a farti nuove domande o a recuperarne di vecchie, magari molto vecchie, ma alle quali non hai ancora trovato risposta. E le risposte ci sono? Forse si e forse no, credo che dipenda, come spesso accade, da chi guarda il film: potresti non trovarne nessuna, potresti condividere quelle più o meno velatamente espresse dal regista, potresti scoprire che il regista non te ne dà nessuna, potresti trovarne di tue a partire da un'immagine o da una parola.
Decisamente un film che ho apprezzato e che consiglierei di vedere, un film che credo rivedrò presto con la giusta compagnia.

NOTA: per una buona parte del film sono stato fortemente convinto di sapere come sarebbe andato a finire, infatti, negli anni 90 è stato realizzato uno pseudo-remake che per quelli della mia età è molto più noto dell'originale e che io stesso ho apprezzato moltissimo, il cui titolo è City of Angels, interpretato da Nicolas Cage e Meg Ryan. Si tratta comunque di due film decisamente diversi tra loro che condividono soltanto l'idea di fondo della sceneggiatura, per questo secondo me non si può parlare di vero e proprio remake. Naturalmente in City of Angels non mancano evidenti omaggi al film originale. Presto cercherò anche l'occasione per rivedere questo film più moderno, decisamente più "americano" ma che, all'epoca dell'uscita, ho apprezzato tantissimo.

NOW ON AIR: "Easily" Red Hot Chili Peppers

domenica, luglio 03, 2011

Buon appetito... agli orsi

TRENTO. Cinquanta chili di carne di orso pronti per finire alla brace e cucinati in spezzatino. A Imer, nel Primiero, ultimi preparativi per la festa della Lega Nord Primiero che ha deciso di offrire carne di orso per protestare contro il progetto Life Ursus di reintroduzione dei plantigradi nella zona.

"La carne di orso proviene dalla Slovenia, è certificata dalla Comunità Europea ed è perfettamente legale", ha ribadito alla vigilia della manifestazione il senatore Sergio Divina, della Lega Nord. "Si tratta di carne commerciabile, consumabile e commestibile - ha aggiunto Divina - dotata del marchio di certificazione della Comunità Europea, di cui la Slovenia fa parte, e in linea con le discipline comunitarie, con le relative targhette di tracciabilità".

Il senatore trentino ha quindi invitato alla festa anche il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. "Ha definito il nostro banchetto un evento barbarico - ha chiarito il parlamentare - peccando di scarsa conoscenza. L'aspettiamo quindi alla nostra festa in Trentino per mangiare la carne di orso senza dover andare in Slovenia". Il parlamentare ha voluto poi ancora rimarcare che, per l' organizzazione dell'evento, non è stato effettuato alcun atto illegale, nè tantomeno è stato cacciato un orso per potersi procurare la carne da consumare.

"La nostra è una legittima protesta - ha detto Divina - tesa a sottolineare gli effetti negativi che la presenza dell'orso in Trentino sta avendo sulla popolazione che vive in quota. La gente di montagna - ha proseguito - in questi ultimi anni ha dovuto cambiare le abitudini di vita e comportamentali proprio per la paura dell'orso".

Trentino Corriere Alpi
Ritengo tale proposta assurdamente indecente.
Ci sono persone in questo paese che riescono veramente a farmi vergognare di essere italiano, perché mi fa star male che qualcuno possa pensare che io abbia qualcosa in comune con individui di tal genere.
Trattasi di provocazione? Forse, ma la carne ci sarà e qualcuno la mangierà, non me ne frega niente che non si violi nessuna legge.
Lancio quindi la mia contro-provocazione e ribadisco che trattasi di provocazione: invito ufficialmente tutti gli orsi bruni residenti in Trentino, Slovenia e Abbruzzo alla festa della Lega Nord Primiero. Ci saranno grandi quantità di carne di leghista con la quale potranno banchettare fino a saziarsi.
Noi comunque non siamo razzisti, a differenza di altri, quindi se vorranno aggiungersi alla festa saranno benvenuti anche tassi, volpi, aquile, falchi, faine, donnole, cinghiali, lupi, e chi più ne ha più ne metta, sono certo che ce ne sarà per tutti.
Non voglio però farne una questione politica, che siano leghisti o meno non importa, vale più un orso solo che un milione di persone come queste.
Per risolvere il "problema" degli orsi, io sposterei le persone altrove, lasciando gli orsi lì dove erano molto prima che vi arrivassimo noi inutili e dannosi esseri viventi.

NOW ON AIR: "Where is my mind?" Pixies

sabato, luglio 02, 2011

Areopagitica (John Milton)


Nonostante l'ultima non esaltante esperienza con John Milton ho voluto continuare con questo autore, approfittando così per proporre la mia prima recensione su uno de "I classici del pensiero libero".
Nella Grecia antica l'Areopago era il cosiglio degli anziani che aveva il compito di vigilare sulle leggi. l'origine del titolo, Areopagitica, non trova accordo tra i commentatori: secondo alcuni farebbe riferimento a quello di un testo del retore ateniese Isocrate, nella quale egli finge di parlare al popolo radunato usando, appunto , lo stile dell'orazione pubblica; secondo altri farebbe invece riferimento al discorso areopagitico di San Paolo presente negli Atti degli Apostoli. Io non mi permetto di valutare quale delle due teorie sia più probabile, è uno di quei casi in cui l'unica soluzione al problema sarebbe chiedere direttamente all'autore ma ovviamente non è possibile; a me piace più la prima ipotesi, certo è che, visto quanto Milton fu fastidiosamente religioso in vita, anche la seconda ipotesi non è da escludere.
Il titolo completo dell'opera è Areopagitica, discorso per la libertà di stampa.
Il libro inizia con una introduzione terribile, scritta in modo eccessivamente barocco e ridondante, in cui si fatica a procedere a causa della pesantissima formalità della presentazione ai Pari e ai Deputati d'Inghilterra. Per fortuna, terminata l'introduzione, si ha poi per tutto il libro uno stile quantomeno sopportabile, in cui l'eventuale pesantezza della lettura deriva più dal contenuto che dalla forma. Come in ogni libro, però, possiamo trovare spunti molto interessanti.

Intorno all'anno 240 Dionisio Alessandrino, una persona di grande fama nell'ambito della Chiesa per devozione e dottrina, era solito giovarsi molto contro gli eretici della buona conoscenza dei loro libri, finché un certo sacerdote pose con scrupolo alla sua coscienza il problema di come osasse avventurarsi fra quei volumi corruttori. Il degno uomo, timoroso di peccare, cadde di nuovo in un intimo dibattito su ciò che si dovesse pensare quando d'improvviso una visione mandata da Dio - è la sua stessa Epistola che così afferma - lo rassicurò con queste parole: Leggi tutti i libri che mai ti vengano tra le mani perché tu sei in grado sia di giudicare correttamente che si esaminare ogni argomento.
[...] la conoscenza non può corrompere, né di conseguenza i libri, se la volontà e la coscienza non siano corrotte. I libri infatti sono come i cibi e le bevande, alcuni di buona qualità, altri cattivi [...] Per uno stomaco guasto i cibi sani poco o nulla differiscono dai cattivi, e a una mente malsana i libri migliori possono essere occaasione di male. [...] libri cattivi [...] ad un lettore prudente e giudizioso essi servono in vari modi a scoprire, confutare, prevenire e spiegare.
Mi permetto di riassumere questo discorso con questa semplice frase, molto semplice ma altrettanto chiara: non esistono cattivi libri, esistono solo cattivi lettori. Con questo concetto non posso non essere d'accordo.
Purtroppo, scritte queste belle parole, Milton abbassa il livello della propria opera nel proseguire con gli altri paragrafi, egli infatti sembra sentirsi in obbligo di mettere la religione dovunque gli capiti: sostanzialmente l'autore rifiuta la censura (oltre per i motivi sopra citati) perché, a suo dire, non c'è vera virtù nell'evitare il peccato che non si conosce; soltanto conoscendo tutte le vie e tra queste scegliendo la più retta, astenendosi dalle altre, ci si può dire veramente retti.
Il libro prosegue con altri paragrafi che mostrano come la censura sia sconsigliabile sotto molti punti di vista e per diverse ragioni che non anticipo in favore di chi volesse leggere il libro.
Da parte mia vorrei aggiungere che la censura ha un altro enorme difetto: essa ci solleva dall'incarico di giudicare il valore di ciò che leggiamo, vediamo, sentiamo. Se c'è chi ha giudicato le opere da pubblicare è normale per la maggior parte degli uomini pensare, anche in modo inconsapevole, che tutto quello che viene pubblicato è "buono". In questo modo lo stampato (per rimanere alla libertà di stampa, ma il discorso si potrebbe allargare a tutte le altre forme di diffusione delle idee) non è più l'oggetto del Giudizio bensì ne diviene il soggetto come estensione dell'organo di censura.
Davvero preferiamo sapere a priori dove trovare il bene, o almeno quello che qualcun'altro ha deciso essere bene per noi, anziché cercare noi stessi il buono tra quello che viene detto e scritto e fatto? E' più facile? Sicuramente, ma se preferiamo sempre e comunque la via più facile... ci meritiamo qualsiasi disgrazia che ci sta capitando e tutte quelle che ci capiteranno.

Mentre scrivo mi rendo conto che questo post può essere più attuale di quanto credessi. Ovviamente per riuscire ad essere attuale sul mio blog devo farlo "per caso" altrimenti non ci riesco.
E' di questi giorni la protesta contro AGCOM (Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni) che vuole imporre nuove regole per la pubblicazione di contenuti sul web che a parere di molti potrebbero limitare la libertà di espressione di quanti usano il web per diffondere idee e cintenuti. VI lascio un po' di link per farvi un'idea, purtroppo non ho trovato nessun riferimento a favore della delibera AGCOM.
Se l'agcom censura il web
Agcom e il copyright: rischio censura
Censura d'autore
10 domande per l'Agcom

PS: vista la mia brevissima citazione presente in alto, questo post sarà a rischio cancellazione? Staremo a vedere.

NOW ON AIR: -silenzio-

sabato, giugno 18, 2011

Paradiso Perduto


"Paradiso perduto o Tempo perso?" Avrei voluto intitolare così questo post ma poi ho deciso di mantenere inalterato lo stile dei titoli che ho usato finora.
Credo si sia già capito che non mi è piaciuta granché questa lettura. Premetto che in questo libro ho voluto leggere solo quello che c'è scritto, non ho voluto leggere tra le righe, non l'ho voluto leggere come un'allegoria; so che ci sono alcune interpretazioni sul vero contenuto di questo testo, o almeno su parte di questo, ma tutte le interpretazioni sono per definizione opinabili e, quindi, prive di qualsivoglia validità oggettiva, di conseguenza non mi interessano.
Detto questo desidero schematizzare, per rendere più chiaro il mio punto di vista, alcune osservazioni che per me risultano cruciali circa il Paradiso perduto di John Milton:
1) nella versione originale (inglese) si tratta, secondo il mio gusto personale, di un ottimo poema per quanto riguarda la forma, mi hanno colpito in particolare la musicalità dei versi, il vocabolario ricercato e ho apprezzato l'assenza della ricerca forzata della rima;
2) nella versione italiana (mi riferisco all'edizione Mondadori con traduzione di Roberto Sanesi) ho apprezzato la scelta, ampiamente giustificata in coda all'opera, di rimanere estremamente fedele al testo originale, senza rielaborazioni volte al mantenimento della forma poetica dell'opera, ma sono rimasto molto deluso dalla qualità della traduzione che risulta a volte imprecisa, perdipiù sulle frasi più semplici piuttosto che su quelle più complesse, il seguente passo

[...] last the sire and his three sons
with their four wives; [...]
diventa
[...] per ultimo il vecchio e i tre figli
con quattro mogli ciascuno; [...]
c'è evidentemente qualcosa che non torna nel numero di mogli (da dove viene fuori quel "ciascuno" di troppo?);
3) nel contenuto sono rimasto estremamente deluso, si tratta in effetti di una rielaborazione non troppo fantasiosa di qualcosa che abbiamo sentito raccontare un milione di volte, soprattutto niente che si discosti molto (almeno in qualcosa di sostanziale) dall'originale biblico;
4) ci sono troppi riferimenti a luoghi e fatti da considerarsi moderni rispetto ai fatti narrati che trovo completamente fuori luogo;
5) capisco che sia stato scritto nel 17° secolo, ma lo trovo comunque troppo maschilista per i miei gusti, Eva è trattata evidentemente come un essere inferiore ad Adamo, addirittura incapace di comprendere e ragionare, e lei stessa si comporta e parla come se lo fosse, in ciò ritengo che la rielaborazione rimanga troppo legata all'originale biblico;
[...] il primo fine della Natura fu quello
di renderla inferiore in quelle facoltà di mente e interne
che sopra a tutte eccellono; e anche per quanto riguarda
le sue fattezze, lei assomiglia di meno all'immagine
di lui che ci creò, ed esprime di meno il carattere
del dominio che a noi venne dato sull'altre creature.
[...] Davanti a lei tutta la sapienza
più solenne si sgretola, e discorrendo con lei la saggezza
si perde in confuzione fino a sembrare presa da follia;
l'autorità e la ragione le cedono il passo, quasi fosse lei
di primaria importanza, e non creata dopo per motivi
particolari; [...]

6) Adamo sembra capire fin troppo bene la differenza tra bene e male anche prima di aver mangiato dell'albero della conoscenza e quindi cosa cambia veramente con tale gesto? Secondo me non torna che Adamo ed Eva comprendano che mangiare il frutto di quell'albero sia male (tra loro parlano esplicitamente di male), prima di tale gesto secondo me dovrebbero poter ragionare solo in base a ciò che gli è concesso e ciò che gli è proibito.
[...] questo tuo sogno stravagante
non può piacermi, generato dal male come temo; e tuttavia,
da dove questo male? In te, creatura pura, nessun male
può trovarsi annidato. [...]
Nella mente di dio o dell'uomo il male può andare e venire
senza che sia approvato, e pertanto non lascia
dietro di sé né macchia né rimprovero; [...]


In conclusione, secondo me, si tratta di un'opera che si regge esclusivamente sulla figura di Satana che non solo risulta quella più affascinante ma anche quella più credibile, al contrario di Adamo, Eva, Dio e suo Figlio, che invece sembrano delle macchiette ridicole. La parte più interessante risulta sicuramente il primo capitolo, in cui viene descritta la caduta dei ribelli.
Better to reign in hell than serve in heav'n.


Cercavo una rilettura originale, alternativa, possibilmente meno intrisa di stupida e cieca fede, ma non ho trovato nulla di tutto ciò e mi dispiace, mi sento di aver perso un bel po' del mio tempo.

NOTA: sembra essere in lavorazione un film hollywodiano (uscita prevista 2012, più probabilmente 2013) che prende spunto dall'opera; l'intenzione sembra quella di realizzare un film spettacolare (effetti speciali a megatonnellate) in cui al centro delle vicende ci sarà la battaglia tra gli angeli fedeli e quelli ribelli, quasi sicuramente non un film di sostanza ma d'intrattenimento delle masse (per capirci più simile a Transformers che a qualsiasi cosa che secondo voi sia di sostanza)... staremo a vedere.

Update 19/06/11: ho aggiunto delle citazioni che inizialmente avevo dimenticato di includere (ascoltando "Better to reign in hell" dei Cradle Of Filth).

NOW ON AIR: "Glycerine" Bush

venerdì, giugno 03, 2011

Un altro mondo


Un altro mondo è un film di Silvio Muccino, quello che aveva la "zeppola" e adesso sembra non averla più. Quando ho solo pensato di vedere un film di Silvio Muccino mi è venuta voglia di sputarmi in un occhio, ma ho persistito nel mio intento e dopo un po' di titubanza ieri l'ho finalmente visto.
Niente di eccezzionale, la storia è abbastanza banale, alquanto lineare, potrei dire già vista in diverse salse. Sul resto non mi pronuncio, di tecnica cinematografica io non capisco nulla, e non voglio capirci nulla. Dei film a me interessano due cose, la storia e le emozioni che mi fanno provare. Della storia ho già parlato, le emozioni invece sono state veramente forti: ho pianto parecchio guardando questo film, come non piangevo da parecchio tempo. In un mare di scene coerenti ma banali ci sono alcuni punti nevralgici del racconto in cui non sono riuscito a resistere al pianto accompagnato da quel fastidioso "groppo in gola" che io, sinceramente, amo tanto quanto odio, perché è una delle poche cose "che mi fa sentire vivo", come direste voi esseri umani.
Non ricordo come mi è nata l'idea di vedere questo film ma ora sono abbastanza contento di averlo fatto, ieri sera mi sentivo veramente a terra, perché quando subisco questi forti trasporti emotivi dopo mi sento sempre abbattuto, svuotato. Oggi mi sento un po' meglio, in un certo senso mi sento ricaricato emotivamente.
Se non avete niente di meglio da fare in questo ponte e avete già visto tutti i film che pensavate vi potessero piacere, potreste scoprire che questo film vi può dare qualcosa, ve lo auguro.

NOW ON AIR: "Hurdy gurdy man" Donovan

martedì, maggio 24, 2011

The Prestige


Galeotta fu una canzone, per la precisione Kevin Spacey di Caparezza, in cui l'artista pugliese ci rivela i "colpi di scena"/"finali a sorpresa" di diversi film più o meno recenti. Uno di questi film è The Prestige, film che avevo già visto e che ricordavo come bellissimo ma ricordando poco della trama, soprattutto ascoltando la suddetta canzone, ho avuto il forte impulso di rivederlo, perché il colpo di scena riportato dal già citato cantante non mi faceva ricordare niente del film, anzi mi sembrava in contrasto con quel poco che ricordavo. Rivedendolo ho realizzato il perché di questa mia perplessità: nel profondo della mia mente ricordavo che quel colpo di scena non era il vero colpo di scena.
Come il personaggio interpretato da Michael Caine ci dice:

Ogni numero di magia è composto da tre parti, o atti. La prima parte è chiamata "la promessa", l'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario, un mazzo di carte, un uccellino o un uomo; vi mostra questo oggetto [...]. Il secondo atto è chiamato "la svolta", l'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando, voi non volete saperlo, voi volete essere ingannati, ma ancora non applaudite, perché far sparire qualcosa non è sufficiente, bisogna anche farla riapparire, ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo "il prestigio".
Il colpo di scena rivelato da Caparezza in realtà non è proprio un colpo di scena, in verità, se si guarda con attenzione, è abbastanza prevedibile, rivelabile da diversi indizi non molto nascosti, nella mia visione si tratta quindi de "la svolta" a cui seguirà, al termine del film, il vero e proprio "prestigio". Guardandola in un altro modo si potrebbe pensare anche a diversi "promesse", "svolte" e "prestigi" intrecciati tra loro, ma anche nascosti l'un nell'altro: un film complesso ma non complicato, sicuramente affascinante, in cui, alla fine tutti i nodi vengono al pettine.
Ogni altra cosa che potrei dire sarebbe superflua o potrebbe infastidire chi ancora non ha visto il film, chi l'ha già visto non potrà non capire di cosa sto parlando, quindi non mi rimane che ribadire che si tratta di uno dei più bei film che io abbia visto e consigliarne la visione a tutti.

NOW ON AIR: "Need you tonight" INXS

sabato, maggio 14, 2011

Splice


Ho appena finito di vedere Splice e mi sento molto sollevato... perché finalmente è finito. Avevo deciso di vedere questo film perché mi era capitato di leggere delle recensioni positive che mi hanno instillato notevole interesse. Tante attese sono state presto infrante da un film che definisco, senza paura di offendere nessuno, squallido e insulso, sicuramente banale. La storia è estremamente lineare e prevedibile, lo sviluppo dei personaggi è ridotto all'osso.
Non mi rimane da fare altro che sconsigliarne fortemente la visione, tranne ai veri amanti del cinema che potranno trovarvi una fondamentale pietra miliare del "cinema brutto".

NOW ON AIR: "The story" 30 Seconds To Mars

sabato, maggio 07, 2011

Un oscuro scrutare


Un oscuro scrutare (A scanner darkly) è molto diverso dagli altri libri di Philip K. Dick che ho letto; leggendolo ho avuto l'impressione che dentro ci fosse molto più che letteratura: in questo libro credo di aver trovato più autore che romanzo. Un oscuro scrutare decisamente non è un romanzo di fantascienza, perché oltre a qualche artefatto futuristico che ancora non appartiene alle nostre vite (tuta disindividuante, cafaloscopio, ecc.) l'ambientazione è attuale e realistica. Si tratta di una sorta di thriller poliziesco nella forma, ma nella sostanza sembra voler essere una qualche forma di denuncia sociale, denuncia che a mio parere resta alquanto incompiuta.
Una nuova droga è disponibile sul mercato, la Sostanza M, la "lenta morte"; composizione ed origine della nuova droga sono ignote alla polizia che decide di infiltrare degli agenti tra i tossici per risalire dai consumatori ai produttori tramite spacciatori e distributori. Bob Arctor è il nostro protagonista, agente infiltrato della narcotici che vive una vita di copertura da tossico nella sua casa di periferia in cui ospita una piccola comunità di disadattati. Bob rimarrà invischiato nella sua copertura più di quanto avrebbe immaginato prima di cominciare questa avventura, diventerà senza accorgersene "uno di loro". Nell'evolversi finale delle vicende potremmo gustarci due interessanti colpi di scena che rendono parzialmente credibile il romanzo come "giallo" e anche come dickiano.
Particolarmente interessante, e in un certo senso molto dickiano, ho trovato il rovesciamento della tradizionale copertura dell'infiltrato: normalmente l'agente della narcotici ha una vita di copertura verso il mondo in cui deve infiltrarsi, gli viene assegnata un'identità fittizia dietro la quale celarsi agli occhi dei malviventi che deve controllare, spacciatori e tossici. Nel libro di Dick, invece, Bob Arctor è Bob Arctor, certo non dice ai suoi amici-tossici di essere un infiltrato della narcotici ma tutto il resto è vero, la sua casa, la sua macchina, la sua personalità; al contrario è verso le autorità che la sua identità viene celata, tramite l'artificio della tuta disindividuante: tutti alla stazione di polizia, sezione narcotici, indossano la tuta disindividuante per non riconoscersi l'un l'altro. Così nessuno può associare, o almeno dovrebbe poter associare, Bob Arctor all'agente che ogni settimana fa rapporto al suo responsabile alla centrale. Proprio l'uso della tuta disindividuante condurrà ad una sorprendente rivelazione nell'evolversi delle vicende.
Rispetto agli altri romanzi di Dick che ho letto questo mi è sembrato più emotivo e meno immaginifico, dedicato dall'autore a persone che hanno fatto parte del suo passato, che lui ha amato e con le quali ha condiviso un periodo importante della sua vita, gli anni '60: un periodo che lui stesso definisce "ricco di errori", errori che però spesso sono stati puniti troppo duramente. L'edizione Fanucci di questo romanzo è corredata da una nota dell'autore che risulta più toccante e profonda del romanzo e che, in poche parole, dice molto su quello che in realtà c'è dietro alla storia di fantasia.


Un oscuro scrutare è anche un film. Un film particolare nella forma, perché realizzato interamente con la tecnica del rotoscopio combinato con l'uso degli acquarelli. Tale tecnica è particolarmente efficace nel rappresentare scene distorte e surreali, scene che sarebbe stato molto più complesso realizzare tramite altre tecniche: ritengo che l'immagine prodotta dia effettivamente l'idea della percezione alterata che può derivare dall'uso di sostanze stupefacenti. Risulta poi particolarmente efficace nella rappresentazione della tuta disindividuante, la cui realizzazione tramite altre tecniche avrebbe potuto essere fin troppo complessa, ma anche condurre a risultati poco credibili, se non addirittura ridicoli.
Nel contenuto, invece, il film risulta molto aderente al romanzo originale e credo che sia un lato positivo. L'unico piccolo difetto che ho trovato in questo film è che i protagonisti non sembrano mai veramente "fatti", anche quando dalla storia si capisce che qualcuno dovrebbe "essere fuori", nella maggior parte dei casi, non lo è mai veramente: nei protagonisti c'è troppa lucidità e padronanza di sè, nei gesti più che nelle parole, per risultare veramente credibili come tossicodipendenti. QUesto difetto vale un po' per tutti i protagonisti, tranne che per Charles Freck, il primo che incontriamo e decisamente fuso dall'inizio alla fine.
In conclusione direi che è un buon film, consigliato soprattutto a quelli che amano Dick senza se e senza ma.

NOW ON AIR: "Lullaby" The Cure

domenica, aprile 03, 2011

Il finale di Scrubs

Scrubs è sicuramente uno dei telefilm che ho apprezzato di più negli ultimi anni. E' quanto di meglio si possa chiedere ad una serie televisiva, almeno secondo i miei gusti. Qualche giorno fa mi è capitato di rivederne la scena finale, intendo il vero finale della serie, ovvero l'ultimo episodio dell'ottava stagione (la nona stagione non è scrubs, è un altro telefilm, mi rifiuto di considerarla parte dello stesso sogno). L'avrò visto almeno venti volte ma ogni volta mi commuovo, tanto, davvero tanto; anche questa volta sono arrivato alle lacrime, complice anche una bella canzone stupendamente interpretata da Peter Gabriel.
Ecco a voi.


NOW ON AIR: "The book of love" Peter Gabriel

martedì, marzo 29, 2011

Il cervello divertente

Sul web ho trovato questa divertente battuta riferita al cervello delle donne; sottolineando che secondo me, invece, è applicabile agli esseri umani in generale (sia maschi che femmine) voglio riportarla.
Si tratta di uno spassoso gioco di parole che fa riferimento alla nota divisione del cervello umano in due emisferi, uno destro e uno sinistro, basato sulla semantica multipla tipica di molte parole inglesi, sono quindi obbligato a riportarla in lingua originale

On the left side, there is nothing right.
On the right side, there is nothing left.

Questa è la traduzione letterale
Nel lato sinistro, non c'è niente di giusto.
Nel lato destro, non c'è rimasto niente.


NOW ON AIR: "Carry on my wayward son" Kansas

sabato, marzo 26, 2011

150 anni di unità: non di democrazia

Abbiamo festeggiato i 150 dell'unità d'Italia, non della democrazia, quindi mi sembra giusto insultare chiunque non la pensi come noi.

Quelli che pensavano che fosse una festa inutile (tanti).
Quelli che pensavano che anche se l'anniversario dovesse essere celebrato non si sarebbe dovuto indire un giorno di festa nazionale (tantissimi).
Quelli che pensavano che, poiché non vogliono far parte dell'Italia, fosse giusto, coerente e, se vogliamo, anche rispettoso non presenziare alle celebrazioni (anche se facenti parte del governo, per chi ancora non ha capito parlo dei ministri e dei parlamentari della Lega Nord).
Quelli che non hanno voluto spendere 5 miseri euro per comprare una bandiera tricolore da sventolare da balcone per l'occasione (quando queste cose si facevano durante il fascino si era ridicoli, adesso si è patrioti).

Metto da parte il sarcasmo e dico: benvengano quelli che la pensano diversamente, quelli che non vanno ciecamente dietro a parole vuote e senza senso (patria, patriottismo, nazione), e soprattutto benvengano i leghisti che non vogliono far parte dell'Italia e lo dicono. Ce la prendiamo sempre con i leghisti ma l'Italia è piena di movimenti indipendentisti, in Sardegna, in Sicilia, in Friuli, in Trentino.
Sono una minoranza della popolazione totale? Sicuramente, ma questo cosa vuol dire che valgono meno degli altri? Che la maggioranza deve sempre prevalere sulla minoranza? E va bene, se le cose stanno così, allora è giusto che non si puniscano quelli che evadono le tasse, perché la maggior parte dei cittadini lo fa direttamente o indirettamente; allora è giusto corrompere e concutere, dare e accettare raccomandazioni, prendere le scorciatoie e crearle, perché la maggior parte dei cittadini lo fa o non dice niente quando vede farlo.
Gli indipendentisti non ti dicono che cosa fare a casa tua, vogliono semplicemente decidere cosa fare della loro terra, delle loro case, del loro denaro, io non ci vedo niente di assurdo: quando il lombardo-veneto combatteva per "liberarsi dall'oppressione" austriaca eravamo tutti dalla sua parte, se adesso combattesse per liberarsi dall'Italia, preferiremmo ammazzarli tutti piuttosto che vederli vittoriosi. Solo a me questo sembra terribilmente assurdo, illogico, irrazionale?
Sempre più spesso penso che sarebbe stato meglio se l'Italia non fosse mai stata unita.

NOW ON AIR: --silenzio--

150 anni di unità: altrettanti di ipocrisia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861

Ecco che cosa "abbiamo festeggiato" lo scorso 17 marzo.

Piccola nota storica: la presa di Roma, ovvero la sua sottrazione al controllo dello Stato pontificio risale soltanto al 1870, e il trasferimento della capitale d'Italia a Roma è dell'anno successivo (1871).

Posso essere d'accordo nel festeggiare il 1861 come anno dell'unità d'Italia in quanto amministrativamente è in quell'anno che l'Italia si è formata, come riportato dalla citazione in alto. Ma materialmente non sarebbe più giusto considerare il 1870 l'anno da festeggiare, l'anno in cui tutti gli italiani si sono ritrovati sotto una stessa bandiera? Ovviamente no, non si può, probabilmente per gli stessi motivi che ci impediscono di eliminare il catechismo dalle scuole pubbliche, scusate errore mio, non il catechismo ma l'insegnamento della religione cattolica. Probabilmente per gli stessi motivi che ci impediscono di far pagare alle istituzioni ecclesiastiche che risiedono sul territorio italiano, le stesse tasse che tutti quelli che non sono ecclesiastici pagano. Ma non vorrei divagare, il punto è un altro.

La Chiesa ha avuto un ruolo molto importante nei recenti festeggiamenti e l'assurdità di ciò mi sembra già abbastanza chiara, ma approfondiamo. Rileggiamo le parole del Cardinale Bagnasco.
[Dell'Italia] "tutti ci sentiamo oggi orgogliosamente figli perchè a lei tutti dobbiamo gran parte della nostra identità umana e religiosa". Dice il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nell'omelia pronunciata davanti alle massime autorità dello Stato.
"Siamo qui per elevare a Dio l'inno di ringraziamento per l'Italia. Non è retorica, nè tantomeno nostalgia quella che ci muove, ma la consapevolezza che la Patria che ci ha generato è una preziosa eredità e insieme una esigente responsabilità. L'Eucaristia che stiamo celebrando in questa Basilica di S. Maria degli Angeli, uno degli innumerevoli scrigni di bellezza custoditi dal nostro Paese, ci invita ad oltrepassare le contingenze del momento presente e ad allargare lo sguardo a quella singolare Provvidenza che ha condotto gli italiani a diventare sempre più consapevoli dell'Italia", ha continuato.
Bagnasco ha inoltre ricordato che "ben prima dell'Italia in senso stretto è esistita una sotterranea tensione morale e spirituale in cui si sono forgiate la lingua e progressivamente la sensibilità e la cultura e che ha condotto, per vie non sempre rettilinee, a dar vita all'Italia". Un passato che vede dunque i cattolici protagonisti a pieno titolo della storia dell'Unità italiana. "L'unificazione - ha ricordato il presidente della Cei citando il messaggio di Benedetto XVI al presidente della Repubblica - è il naturale sbocco di un'identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo. E' questa la vera forza della società e dello Stato, il tesoro più grande da custodire con amore e da trasmettere alle giovani generazioni".
Queste cose mi danno sempre alla testa e risulta molto difficile per me commentare con lucidità, quindi mi limiterò a dire che, se fosse stato per la Chiesa, oggi Roma non sarebbe la capitale d'Italia e, forse, buona parte del Lazio farebbe ancora parte dello Stato della Chiesa.
Queste persone non hanno alcuna vergogna, il peggio è che molte più persone non si rendono conto di quanto siano ipocriti, falsi e meschini i loro "saggi" maestri di vita spirituale. Che pena.

Ma forse tutto si spiega con questa affermazione di Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana: "l’intero mondo cattolico, sia pure non senza momenti di attrito e di difficile confronto, è stato protagonista di rilievo della vita pubblica, fino ad influenzare profondamente il processo di formazione ed approvazione della costituzione repubblicana". Probabilmente, quindi, non sono nè idioti nè ipocriti, sono solo un po' rincoglioniti e hanno confuso l'Unità d'Italia con la nascita della Repubblica in cui tutti, credo, siamo disposti ad ammettere che la Chiesa ha avuto un ruolo fondamentale insieme ad altri attori non meno importanti.
Ovviamente, quest'ultimo capoverso era interamente di natura sarcastica.

NOW ON AIR: --silenzio--

venerdì, marzo 18, 2011

150 anni di unità: un'orgoglio lungo... un giorno

17 marzo: manifestazioni in tutta Italia, si contano più bandiere tricolori che durante i mondiali di calcio (strano). Siamo (quasi) tutti orgogliosi di far parte di questo splendido paese, orgogliosi di essere un popolo unito sotto un'unica bandiera, orgogliosi della nostra storia.

18 marzo:
- splendido paese di cui non perdiamo occasione di parlar male;
- un popolo unito nelle sue divisioni, talmente unito che ci ammazziamo per questioni di viabilità, talmente unito che i nostri anziani muoiono in casa da soli senza che nessuno se ne accorga, anche in condomini con decine di famiglie, talmente unito che se ti senti male per strada devi considerarti fortunato se qualcuno chiama il 118;
- orgogliosi di una storia che neanche conosciamo, di cui non ci interessiamo, se non una volta ogni 150 anni.

Non voglio sembrare semplicistico, disfattista o cinico, semplicemente non credo nel concetto di patria e non credo nelle espressioni estemporanee di orgoglio, soprattutto se legate a manifestazioni pubbliche. Come ho espresso più volte, non credo nei sentimenti generalizzati, così come non credo nella generalizzazione dei soggetti e in quella degli oggetti. Sotto certi aspetti sono orgoglioso di come io sono fatto, di alcune mie caratteristiche, tra queste non c'è quella di essere nato sul territorio italiano. Altre mie caratteristiche non mi rendono orgoglioso, ma tra queste non c'è quella di essere nato sul territorio italiano. Non sono orgoglioso di condividere la nazionalità con persone più o meno illustri, ma sono felice che alcune persone abbiano fatto e facciano parte della mia vita e che abbiano contribuito a fare di me quello che sono, nel bene e nel male, indipendentemente dalla loro nazionalità, o dalla mia.

giovedì, marzo 17, 2011

150 anni di unità: orgoglio nazionale

Orgoglio nazionale è l'orgoglio di appartenere ad una nazione, semplice a dirsi, ma cosa è veramente una nazione? Molti non sanno che la Nazione non è lo Stato.
Per questa distinzione non devo ringraziare Wikipedia ma il mio enorme (in tutti i sensi) professore di storia e filosofia del liceo. Lo stato è fondamentalmente una suddivisione amministrativa, del tutto arbitraria e territoriale delle terre emerse di questo pianeta. La nazione, invece, identifica un insieme di persone che condividono etnia, storia, cultura, tradizioni, lingua, religione. Facciamo qualche esempio di nazione: gli ebrei costituiscono una nazione, da sempre, i baschi sono sicuramente una nazione, ma anche gli scozzesi e gli irlandesi, pensando alle disgrazie di questi giorni dico che i giapponesi costituiscono senz'altro una nazione e potremmo fare tanti altri esempi. Ma gli italiani? Noi italiani siamo veramente una nazione? Dalle Alpi a Lampedusa condividiamo veramente qualcosa che non sia l'amministrazione statale? Io dico che non condividiamo un bel niente.

Non condividiamo di certo la lingua. L'italiano per molti italiani è come l'inglese per le comunicazioni internazionali: ci si sforza di parlare italiano per comunicare tra persone che fanno parte, spesso loro malgrado, dello stesso stato. Casi estremi: in Alto-Adige (Sudtirol), Valle d'Aosta e Friuli vivono diverse persone che non conoscono l'italiano e non lo parlano o lo parlano come "lingua straniera". Anche in situazioni meno estreme l'italiano non è così condiviso come ci piace pensare, in molte parti d'Italia il dialetto resiste strenuamente; dove non si trova lo storico dialetto spesso si possono incontrare strane mescolanze di lingue e dialetti che davvero hanno poco a che fare con l'italiano e che sono difficili da comprendere. Io faccio fatica a capire cosa dice un giovane di San Donato Milanese se questo non fa lo sforzo di parlare in italiano con me, ma può risultarmi difficile comprendere anche quello che dicono alcuni adolescenti che vivono in zone periferiche di Roma, città in cui sono nato e cresciuto. La lingua nazionale non può esistere per sola imposizione amministrativa.

Sicuramente non condividiamo l'etnia, probabilmente l'Italia è uno dei paesi del "vecchio mondo" che presenta la maggiore mescolanza di origini.

Qualcuno dice che condividiamo la storia: sicuramente "le storie" delle nostre regioni si intrecciano tra loro, ma molte regioni italiane, dal punto di vista della storia, sono molto più strettamente legate a stati esteri che ad altre regioni italiane.

Delle tradizioni neanche ne parlo: non credo ci sia niente di più disaggregante delle tradizioni locali, soltanto queste secondo me basterebbero a concordare sul fatto che non siamo una nazione.

La religione sicuramente non ci identifica come popolo, perché non così condivisa come il papa vorrebbe farci credere e perché allora dovremmo essere un'unica nazione con la Spagna, il Portogallo e il Sud-America.

Per concludere, anche se potessimo definirci una nazione, non vedo alcun motivo per esserne orgoglioso, sarebbe solo un retaggio della mia nascita, che non ha nulla a che fare con me... di cosa dovrei essere orgoglioso? Dovrei essere orgoglioso di essere connazionale di mafiosi, camorristi, 'ndranghetisti, politici, brigatisti, terroristi neri? Le loro colpe non sono le mie colpe, ma come posso essere felice di essere "figlio" del loro stesso popolo? Dovrei essere orgoglioso di essere connazionale di premi nobel, illustri letterati, menti geniali e filantropi vari? Cosa c'entro io con i loro pregi o le loro lodevoli eredità all'umanità?

Siamo individui, per la miseria, io posso essere orgoglioso o meno di essere me stesso, di come sono... io so di essere romano, ma non sono orgoglioso di esserlo, sono contento di esserlo, ma di certo non orgoglioso perché non c'è nessuno merito nell'esserlo e l'esserlo sicuramente ha influito su quello che sono oggi e che sarò domani, ma non posso dare colpa alla romanità dei miei diffetti così come non posso dargli il merito dei miei pregi. Lo stesso vale per la mia italianità, che per me resta poco più di un dato anagrafico di natura puramente amministrativa.

150 anni di unità

Volevo dire un po' di cose sull'unità d'Italia e sui relativi festeggiamenti, ma mi sono reso conto che avrei rischiato di scrivere un enorme post molto confusionario, quindi scriverò una serie di post, possibilmente concisi, magari anche chiari, su vari aspetti dei festeggiamenti e del concetto stesso di unità nazionale, nonché di patriottismo e orgoglio nazionale.
Ho le scarpe piene di sassolini.

Qui premetto che non farò festa, per me il 17 marzo 2011 sarà un giorno come tutti gli altri.

sabato, marzo 12, 2011

Solaris


Solaris è innanzitutto un libro di Stanislaw Lem, scienziato e scrittore polacco del secolo scorso. Si tratta, a mio parere, di un ottimo libro, complessivamente ben scritto, ordinato, scorrevole e soddisfacente.
L'esplorazione umana dell'universo ha fatto passi da gigante e tra i tanti nuovi mondi che l'uomo ha raggiunto ce n'è uno che è incredibilmente più interessante degli altri, intorno al quale si è sviluppata un intera scienza, la solaristica. Il nome del pianeta in questione è, infatti, Solaris.
Si tratta di un pianeta quasi completamente ricoperto da uno strano oceano sicuramente organico che non solo sembra vivo ma addirittura senziente. Tale entità oltre ad essere estremamente affascinante dal punto di vista scientifico per le sue caratteristiche materiali comincia, ad un certo punto, a destare ulteriore interesse a causa di alcuni strani fenomeni che sconvolgono le esistenze degli scienziati che vivono su una stazione spaziale sospesa sulla superficie di questo misterioso oceano. Lo psicologo Chris Kelvin viene inviato sulla stazione dalla Terra per indagare e comprendere cosa stia accadendo allo staff scientifico ma anche lui rimane coinvolto dagli effetti della vicinanza con il pianeta.
Agli interessati scoprire come andrà a finire.

Solaris è però anche cinematografia.

Nel 1972, Andrej Tarkovskij ha girato un film ispirato al suddetto romanzo, adattandolo in molti punti ma attenendosi abbastanza fedelmente alle vicende descritte nel testo originale, se si esclude il finale. E' sicuramente consigliabile vedere il film in versione originale sottotitolata in italiano, in quanto la versione italiana risulta pesantemente tagliata, tanto che alcuni spettatori riportano di non aver capito granchè della storia raccontata nella verione italiana.
La versione integrale, però, non solo consta di circa 2 ore e 30 di pellicola, è necessario anche ricordare che si tratta di un film di Tarkovskij e quindi la leggerezza non rientra certo tra le sue caratteristiche peculiari.
Ritengo comunque che si tratti di una buona visione per chi ha già letto il libro (eviterei di vederlo senza aver prima letto il libro) e può essere vista magari in due sessioni distinte.


Nel 2002, Steven Soderbergh (con il supporto di James Cameron) decise di realizzare anche lui una sua versione cinematografica di Solaris, purtroppo. Interprete principale è George Clooney. Questa versione si discosta notevolmente sia dal libro che dalla precedente versione cinematografica, ma decisamente non in meglio, forse in modo interessante, ma in realtà l'aspetto fantascientifico è trattato in modo molto superficiale e marginale. La recitazione di bassa qualità, a partire proprio da un inebetito Clooney, non aiuta la qualità del film e quindi l'interesse dello spettatore.


La nota più positiva per quanto riguarda me (e questo credo dica molto sulla qualità del film di Soderbergh), è stata la possibilità di vedere un'attrice che io considero una delle più belle del mondo, Natascha McElhone, nonostante non mi convinca per niente la sua recitazione, in questo come in tutti gli altri film in cui l'ho vista.


NOW ON AIR: "Struggle for pleasure" Wim Mertens

lunedì, febbraio 28, 2011

2001: Odissea nello spazio

Un post dalla doppia valenza: cinematografica e letteraria.

Credo ci siano pochi dubbi sul fatto che 2001: Odissea nello spazio sia uno dei film più discussi della storia del cinema. I giudizi non potrebbero essere più vari: si va dal "capolavoro assoluto" alla "cagata pazzesca". Ovviamente io, da paladino del relativismo più puro, non desidero dare un giudizio definitivo od oggettivo a questo film, voglio solo dire la mia. E la mia è molto semplice: questo film non mi piace, lo trovo eccessivo in tutte le cose fastidiose e banale in tutte le cose affascinanti. Cerco di spiegarmi, in ogni film ci sono cose che apprezziamo ed altre che ci infastidiscono: io, per esempio, apprezzo i dialoghi ricercati, le riflessioni profonde, le emozioni, mentre difficilmente sopporto i silenzi, la comunicazione puramente visiva e gli esercizi di stile che normalmente risultano comprensibili solo agli addetti ai lavori.
In 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick praticamente c'è tutto quello che non mi piace e niente di ciò che mi piace in un film: i dialoghi sono o assenti o banali, l'impressione che io ne ricavo è di un mastodontico esercizio stilistico di un tizio che è considerato un genio del cinema. Per me 2001: Odissea nello spazio rappresenta una sequenza di immagini quasi completamente priva di storia e per me, so che molti non sono d'accordo, un film rimane ancora una storia raccontata tramite immagini e suoni... in questo caso vedo le immagini, sento i suoni, ma non percepisco la storia che rimane sempre molto, troppo, vaga. Il mio giudizio è quindi pessimo.

Il giudizio intorno a questo film mi ha comunque sempre interessato molto: tutti dicono la propria e molti sembrano ai miei occhi dei fuori di testa. Insomma, non mi piacciono i film in cui ognuno può trovarci quello che vuole, perché questo, ai miei occhi, è la caratteristica principale di un film che non ha niente da dire di per sé.
Quando ho scoperto che esisteva anche il libro di 2001: Odissea nello spazio ho deciso di leggerlo per capire se la colpa è tutta di Kubrick oppure no.

2001: Odissea nello spazio di Arthur C. Clarke è un buon libro di fantascienza. Niente di trascendentale, Asimov e Dick sono molto superiori ma, forse per il contrasto con il film, il libro risulta molto accattivante. Io avevo già visto il film ma il libro è una cosa completamente diversa: detto in parole povere, dietro a tutte quelle immagini c'è una storia che Kubrick ti accenna soltanto. Leggendo il libro puoi accedere direttamente alla storia, capirla e rifletterci sopra. Leggendo il libro puoi liberarti da tutte quelle discussioni che fanno litigare le persone quasi più del calcio: "il monolito rappresenta il progresso", "il monolito rappresenta la civiltà umana che soppianta quella animale", "il film rappresenta una critica al progresso", "dietro al film c'è in realtà un'esaltazione del super-uomo nietzschiano", ecc. Nel libro tutto è palese, o quasi, e puoi gustarti una buona storia di fantascienza come tante altre, senza addormentarti, annoiarti, irritarti o incasinarti il cervello. Un punto su tutti: leggendo il libro capirete finalmente cosa porta il mitico HAL9000 a "impazzire", cosa che secondo me non è assolutamente possibile capire dal film.
Una nota finale sull'edizione italiana che, in una parola, risulta pessima, una traduzione a volte approssimativa e a volte errata, corredata da evidenti "orrori" (nel senso di errori che mettono paura, "Ma se sarebbe riuscito a sopravvivere [...]", pagina 188 a cinque righe dalla fine) fanno del prodotto della casa editrice NORD un buon motivo per chiedere il rimborso di almeno una parte dei soldi spesi.

Quindi do un consiglio a chi vuole vedere o rivedere 2001: Odissea nello spazio, prima leggete il libro (se sapete l'inglese leggetelo in lingua originale, altrimenti accontentatevi della versione italiana disponibile).

Intanto un po' di buona musica (anche se la qualità non è delle migliori).

Con questo titolo non poteva non piacermi.

NOW ON AIR: "Also sprach Zarathustra" Richard Strauss

giovedì, febbraio 17, 2011

Joy ... Order

Mi piacerebbe tanto riuscire a stilare delle classifiche, dei film che preferisco, delle serie tv che adoro, delle canzoni più belle mai ascoltate. Non ci riesco, non riesco a fare classifiche, perché ci sono troppe variabili in gioco, ci sto lavorando, sto studiando un metodo quasi infallibile per farlo, ma per il momento non posso ancora utilizzarlo. Nel frattempo voglio citare due canzoni che sicuramente sarebbero molto in alto nella mia classifica, due canzoni che trovo straordinarie e che nonostante siano notevolmente diverse hanno qualcosa in comune: a chi legge, scoprire cosa.

"Love will tear us apart" Joy Division

Qui il video originale.
Galeotto fu il film "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo".

"Blue monday" New Order


NOW ON AIR: "Blue Monday" New Order

domenica, febbraio 06, 2011

Apocalisse

I Cavalieri dell'Apocalisse (1887) rappresentati da Victor Vasnetsov

L'Apocalisse di Giovanni (ma non solo quella) descrive l'arrivo di quattro cavalieri che annuncieranno l'arrivo del giudizio universale: Guerra, Pestilenza, Carestia e Morte.
Questi sono anche i segni che chi crede nell'Apocalisse è convinto porteranno lentamente alla distruzione del genere umano. Molti di quelli che credono nell'Apocalisse credono che l'evento sia sempre più vicino, perché i quattro Cavalieri sono tra noi, lo possiamo vedere ogni giorno.
In effetti, non hanno tutti i torti: guerre, pestilenze, carestie, morte, anche se lontano da noi sono ogni giorno tra gli uomini. Quindi è evidente, il mondo sta per finire, o almeno il mondo degli uomini.
Riflettendo un po' meglio, però, mi viene in mente una cosa: c'è mai stato nella storia dell'uomo un periodo privo di guerre, pestilenze, carestie o morte? Direi di no. Quindi se si trattasse di un segno dell'Apocalisse sarebbe un segno davvero molto strano, sicuramente poco affidabile.
Oppure c'è un'altra possibilità: l'Apocalisse non è in attesa di arrivare, l'Apocalisse è ora e adesso, sin dall'alba dell'esistenza dell'uomo, e sarà finché l'uomo non avrà definitivamente fine. L'Apocalisse non descrive la fine dell'uomo ma la sua stessa esistenza. Stiamo vivendo un processo che porterà inevitabilmente alla conclusione del genere umano, lentamente ma inesorabilmente.
La fine dell'uomo non è iniziata con l'industrializzazione come molti pensano: come ogni altra cosa esistente, animata e inanimata, la fine inizia esattamente nell'istante in cui si nasce, o si viene creati. Stiamo quindi vivendo la fine in ogni istante, stiamo vivendo l'Apocalisse, i quattro Cavalieri sono già con noi, così come lo sono sempre stati, potremmo dire che sono nati con noi e, sicuramente, moriranno con noi.
Non credo affatto che alla fine ci sarà un giudizio universale, ma pagherei con la mia anima per poter vedere dal vivo quel giorno, il giorno della fine dell'uomo, per vedere millenni di storia e di vite dissolversi nel nulla rivelando definitivamente l'inutilità di tutto ciò che è stato.

NOW ON AIR: --silenzio--