giovedì, marzo 05, 2009

Narciso e Boccadoro


Ho interrotto momentaneamente la sequenza di letture fantascientifiche e mi sono dedicato a "Narciso e Boccadoro" di Hermann Hesse; purtroppo si tratta di un'altra piccola delusione. Forse era troppo aspettarsi un altro "Siddharta", libro che non ho trovato eccezionale ma comunque gradevole.
Trovo che questo libro sia stato scritto molto bene, anche tradotto bene, secondo la mia impressione, ma oltre la forma c'è veramente poco, vi ho trovato pochissima sostanza.
Due capitoli spiccano su tutti gli altri per suggestione e trasporto emotivo, quello che descrive il vagabondaggio di Boccadoro nella Germania invasa dalla peste e quello finale di cui non svelo il contenuto per non rovinare la lettura a chi dovesse ancora intraprenderla.
I restanti capitoli sembrano solo un insieme di frasi-pretesto per giustificare il capitolo finale: più di duecento pagine di parole davvero povere di contenuto in cui si descrive prima l'infanzia del giovane Boccadoro, sventurato figlio di un funzionario reale, nel convento-scuola di Mariabronn dove conosce il giovane insegnante Narciso, e poi il vagabondare dello stesso Boccadoro per il mondo alla ricerca della sua anima e del sesso. Della personalità di Boccadoro è questo il carattere che colpisce di più: con gli uomini che incontra ha rapporti ridotti al minimo indispensabile e strettamente utilitaristici, mentre con le donne è molto espansivo e cerca di "ottenere il massimo da ogni incontro".
Oltre all'apparenza descritta, Boccadoro cerca di andare contro tutto ciò che rappresenta la vita del convento da cui si allontana e in un certo modo fugge: il sesso, la libertà da qualsiasi costrizione, l'abbandono della pratica religiosa che in convento sfiora il rigore burocratico, la ricerca di una spiritualità diversa, più naturale, più legata ai sensi che ad un Dio troppo lontano dalla vita vera dell'uomo, la scoperta dell'arte come mezzo per fissare i sentimenti e permettere a questi, come nostra emanazione, di superare l'altrimenti insostenibile vincolo della mortalità della carne.
Sotto tutti questi aspetti Boccadoro sembra il prototipo dell'artista decadente, l'artista tormentato che si da ai bagordi per riempire un vuoto che la sua anima sente e soffre più dell'uomo comune. Ma manca di quello che caratterizza il vero artista decadente, la sostanza: potrebbe essere l'adulto che si rende conto dell'ineffabilità della morte e dell'insensatezza del vivere sociale rimpiangendo l'età infantile, e invece è semplicemente uno sbandato che vuole solo vivere facendo quello che gli pare ma che ha perso da tempo l'innocenza della fanciullezza, quella innocenza che sola può farci vivere a pieno quel poco che di bello c'è nella vita. I bambini guardano al mondo con occhi puri e soprattutto con una mente pura, libera da qualsiasi condizionamento sensuale o fine nascosto: non guardano per scovare qualcosa, non parlano per cercare di scoprire qualcosa, non mangiano per godere, non toccano per ottenere qualcosa... i bambini guardano per vedere, mangiano per gustare, toccano per sentire, ascoltano per capire e parlano per comunicare, niente di più.

Mentre rileggo questa mia "recensione" mi sento di dover rivalutare almeno in parte questo libro che offre molti più spunti di quelli che avevo visto inizialmente: sicuramente un libro che è bene leggere, sicuramente, però, anche un libro che nel complesso non mi è piaciuto e che certamente non rileggerò. Una buona idea di base è stata rovinata da una non altrettanto buona costruzione delle vicende intorno a tale idea e, a mio avviso, dall'eccessiva centralità del tema del sesso.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Completamente d'accordo..anche a me non è molto piaciuto per il tema illustrato eccessivamente, anche se devo dire che il personaggio di Boccadoro mi ha incuriosito particolarmente (: