lunedì, agosto 30, 2010

Involuzione informatica

Non so se è vero e non ho avuto tempo di controllare, ma mi ha divertito e quindi lo posto lo stesso.

Nell'anno 1968 è bastata la potenza di due Commodore 64 per lanciare con successo una navicella sulla Luna; nell'anno 2007 ci vogliono la potenza di un processore quad core 3.30 GHz e 3 Gb di RAM (requisiti minimi ufficiali) per utilizzare Windows Vista. Qualcosa deve essere andato storto!


E' divertente perché la seconda parte è (quasi) vera.

giovedì, luglio 29, 2010

Vomitiamo tutti insieme...

Un invito per tutti gli amanti del vomito, proprio ed altrui, leggere questa pagina di commenti.

Io ho cominciato a leggere questa pagina, relativa ad una notizia di cronaca romana, e non sono riuscito a leggere tutti i commenti. Mi sono dovuto fermare per vomitare: così tante persone talmente prive di qualsiasi buon senso. Tutte le opinioni espresse mi sembrano così banali, semplicistiche, inutili, insopportabili.

La razza umana ben meriterebbe di essere completamente distrutta.

NOW ON AIR: --silenzio--

mercoledì, luglio 14, 2010

Dolore

Trovo insopportabile e abominevole ogni forma di dolore fisico, insopportabile e abominevole come ogni cosa che mi ricorda con brutale forza che c'è qualcosa di esterno alla mia coscienza e alla mia consapevolezza. Qualcosa che rischia di essere più reale di quello che si trova nella mia mente e, soprattutto, sul quale non ho alcun controllo.
Il mondo delle mie idee è l'unico dove posso aspirare di non essere travolto e dilaniato. Probabilmente è vero quello che si dice, che ho una paura folle del mondo reale: ho paura di essere ferito, paura di non essere in grado, di non essere all'altezza, paura di perdere qualcosa, paura delle responsabilità. Ma se solo avessi un appiglio, un qualcosa per cui lottare, qualcosa per cui provare il desiderio di vivere nella vita reale e rischiare, afferrare, amare, odiare, soffrire...
Non ho trovato mai niente di simile e sarà difficile trovarlo rimanendo qui, da quest'altra parte del velo. Ma senza appiglio, senza un motivo, perché dovrei superare il confine?
A questo dilemma non ho ancora trovato risposta e la mia parte pessimista mi dice che più passerà il tempo più difficle sarà trovarla.

NOW ON AIR: "Hurt" Nine Inch Nails

domenica, luglio 04, 2010

Picnic sul ciglio della strada


Qualche mese fa ho letto un libro affascinante ma mi ero dimenticato di scriverne.

Picnic sul ciglio della strada di Arkadi e Boris Strugatzki, già pubblicato e più noto con il titolo Stalker.
Marmont è una piccola città industriale come tante altre. Anzi lo era, lo sarebbe ancora se i suoi dintorni non avessero subito la visita degli extraterrestri. Nei pressi di Marmont si trova uno dei sei luoghi del pianeta Terra che presentano le tracce del passaggio degli alieni.
Non a caso si parla di passaggio: non c'è stato nessun contatto con le forme di vita locali, forse gli alieni erano diretti altrove, non erano interessati agli abitanti del pianeta. Sembra che, lungo un viaggio verso chissaddove, gli alieni di passaggio abbiano fatto una sosta e ripartendo abbiano abbandonato lì i loro rifiuti, come se si fosse trattato di un semplice Picnic sul ciglio della strada.
Questi "rifiuti" hanno modificato l'aspetto di questi luoghi e non solo: ne hanno modificato profondamente anche la fisica. Eventi straordinari ed inspiegabili avvengono in queste "zone" e per questo i governi le hanno delimitate e le controllano: i centri di ricerca ne studiano le caratteristiche mentre i militari tentano di limitare l'accesso soltanto al personale scientifico autorizzato.
Entrare nella Zona è pericoloso, è facile rischiare la pelle se non la si conosce, se non si è in grado di trattarla come si deve, di riconoscere i suoi pericoli ed i suoi avvertimenti, se non si è uno stalker esperto. Lo stalker è un cercatore di oggetti straordinari dalle proprietà inimmaginabili. Gli stalker lavorano nell'illegalità entrando di nascosto nella Zona per raccogliere oggetti da rivendere poi al ricchissimo mercato nero.
Red Schouart è una guida indispensabile per gli scienziati che devono addentrarsi nella Zona per le loro analisi: senza di lui difficilmente riuscirebbero ad uscirne vivi. Red, però è anche conosciuto nell'ambiente stalker come "Roscio": uno dei migliori stalker di sempre. Passato alla legalità per la tranquillità della propria famiglia, ora riceve un misero stipendio da dipendente statale per accompagnare i "secchioni" del centro ricerche nella Zona e cercare di riportarli indietro sani e salvi.
Il fascino della Zona però va molto oltre le brevi passeggiate scientifiche, per Red vanno anche oltre la ricchezza e il potere: "il brivido estremo della sfida, il desiderio di bucare lo schermo del possibile che lo spingono a trasgredire le leggi - fisiche e morali - di una comunità pavida e corrotta".

Un'idea veramente notevole, a mio parere geniale anche il parallelismo tra visita aliena estemporanea e picnic sul ciglio della strada. Il libro non è all'altezza dell'idea ma vale comunque il tempo speso per leggerlo.

Da questo libro è stato tratto un film, la cui sceneggiatura è stata realizzata in collaborazione con gli stessi autori del libro: Stalker di Andrej Tarkovskij (1979).

Una serie di videogiochi prendono ispirazione dagli elementi del libro, riconducendo però l'origine della Zona alle esplosioni avvenute nella centrale nucleare di Chernobyl nel 1986 e collocandola proprio nei pressi della cittadina russa.
Riguardo a questa variazione c'è un aspetto veramente interessante: l'area evacuata nei pressi della centrale nucleare danneggiata è effetivamente denominata "La Zona". Ma non è chiaro se l'area di Chernobyl prende il soprannome da quella del libro o se si tratta soltanto di un caso (il termine "La Zona" non è poi così originale o specifico).

PS: è difficile reperire questo libro in libreria, in alternativa è possibile ordinarlo su IBS, e questo è il link diretto.

NOW ON AIR: "Lost in space" Apollo 440

sabato, giugno 26, 2010

Jungle drum

Non sono un fan della danza, nè moderna nè classica, non ne comprendo il fascino. Non sono particolarmente affascinato neanche dal flash mob, ma questo video mi piace molto.



NOW ON AIR: "Jungle drum" Emiliana Torrini

Non so neanche di cosa stai parlando!

Quando qualcuno ti dice "Non so neanche di cosa stai parlando!" è molto probabile che sappia esattamente di cosa stai parlando.

Chi vuol capire, capisca.

NOW ON AIR: "Complicated questions" Finger Eleven

lunedì, giugno 14, 2010

Il cinema in 3D... ne vale la pena?

Sono assoulutamente contrario al cinema in 3D. In proposito ho trovato un interessante articolo che riporta le opinioni di un importante critico cinematografico statunitense.

Roger Ebert è uno dei più rispettati, temuti e discussi critici cinematografici americani. Attualmente scrive sul Chicago Sun Times ma i periodici che si occupano di cultura e spettacoli, da Variety a Newsweek, fanno a gara per ospitare i suoi scritti. In passato Ebert ha fatto a lungo coppia con un altro critico, Gene Siskel, scomparso nel 1999. In piena era 3D Ebert, che non ha mai avuto paura di essere in controtendenza, ha firmato un editoriale per Newsweek in cui spiega perché la cosiddetta rivoluzione della tridimensione è solo un inganno, e anzi, più spesso un modo di truccare le carte a spese degli spettatori.
Nove picconate - Ebert ha dettagliatamente motivato la sua contrarietà al 3D, riassumendone le motivazioni in nove punti. Eccoli.

1- Il nostro cervello ha già la facoltà di "leggere" la diversa profondità di campo e aggiunge automaticamente tridimensionalità anche alle immagini in 2D attraverso la prospettiva. Aggiungere una dimensione artificiale significa distrarlo e ingannarlo.

2- I grandi film non hanno mai avuto bisogno del 3D. Un'opera riuscita cattura completamente l'emotività e l'immaginazione dello spettatore. A qualcuno è mancato il 3D in film come Fargo, Casablanca o Precious?

3- Gran parte degli attuali film in 3D in realtà non fanno altro che spostare gli oggetti su diversi piani visuali. In questo modo il regista si priva del lavoro sulla profondità di campo che è sempre stato un mezzo per stimolare l'attenzione dello spettatore rispetto ai vari campi di ripresa. Insomma, una finta evoluzione, del tutto non necessaria.

4- Gli occhiali da indossare costringono gli occhi e il cervello a lavorare in modo diverso, così che, secondo diversi specialisti medici interpellati e stando al rapporto pubblicato da Consumers Report, il 15% degli spettatori che hanno assistito ad una proiezione in 3D lamentano mal di testa e affaticamento agli occhi. L'illusione di vedere in 3D avviene a spese degli organi visivi, solitamente non calibrati per questo tipo di esperienza.

5- I film in 3D tendono ad essere meno luminosi degli altri, gli stessi occhiali da indossare rubano luminosità. Questo rende la visione più faticosa, anche perché spesso la tecnologia IMax annunciata non ha i doppi proiettori con lampade che incrocino i loro fasci sullo schermo, né gli schermi più grandi. Occhio agli imbrogli.

6- C'è speculazione attorno alla commercializzazione dei nuovi proiettori. I costi da sopportare sono alti e molti esercenti tendono a comprare film in 3D che proiettano con vecchie tecnologie analogiche. Infatti gli studios si stanno offrendo di coprire una parte dei costi di rinnovamento della struttura tecnologica.

7- Per le ragioni descritte al punto precedente, il prezzo dei biglietti per il cinema sta salendo, si toccano punte di aumenti anche di 5 e 7 dollari per coprire l'aggiornamento tecnologico. Costi che ricadono sul cliente, lo spettatore.

8- E' impossibile immaginare un grande film drammatico, come The Hurt Locker, girato in 3D. Né pellicole basate su una forte sceneggiatura e dialoghi riusciti. Il 3D sembra coprire i punti deboli di acuni film e da l'impressione di essere pensato per un cinema infantile.

9- Ogni volta che Hollywood ha avuto sentore di crisi ha puntato sulla spettacolarizzazione tecnologica. E' accaduto con il vecchio 3D, con i diversi formati sonori, con il widescreen, l'avvento del colore, il cinerama, ora con il 3D di nuova generazione. Grandi registi come Scorsese ed Herzog hanno fatto film per far crescere la consapevolezza della gente e offrire visioni stimolanti. Hollywood sembra regredire ad un preoccupante stato infantile.

Ma Cameron è un caso a parte - In chiusura del suo intervento polemico, Roger Ebert ha specificato di non essere contrario al 3D in modo preconcetto, quanto piuttosto all'uso approssimativo e furbo che si fa di questa tecnologia. Unico caso a fare eccezione, secondo Ebert, è Avatar di James Cameron, il cui utilizzo del 3D è stato molto più consapevole e studiato (con uso magistrale della profondità di campo), oltre che facilitato da un kolossal in gran parte fatto da immagini generate al computer. Molto meno bene è andata a Tim Burton, forzato dagli studios a girare Alice In Wonderland in tre dimensioni, con una resa visiva che non aggiungeva niente al tradizionale 2D.

10 giugno 2010

Redazione Tiscali


Mi trovo d'accordo con tutti i nove punti.
Non sono invece d'accordo con l'opinione espressa riguardo Avatar: forse per questo film non vale il punto 2 tanto quanto per altri titoli (nonostante ne abbia parlato relativamente bene in un post precedente non credo che sia un film "di livello") ma tutti gli altri restano validi.
Non condivido neanche il giudizio positivo, sottinteso, riguardo "The hurt locker" che, ribadisco essere un film davvero mediocre.

Per me "No al 3D", senza se e senza ma.

NOW ON AIR: "Saints of Los Angeles" Motley Crue

domenica, giugno 13, 2010

Libertà di espressione

La libertà di espressione è sicuramente un qualcosa di molto importante.

Peccato che per consentire di esprimersi a chi ha "qualcosa da dire", uso questa espressione nel senso più ampio possibile, si debba necessariamente lasciare spazio a persone che, invece, probabilmente hanno l'acqua al posto del cervello, e ho scritto acqua perché sono un signore, nonché a tutte quelle persone che sono in malafede.

Spesso mi capita di riflettere su quanto la gente sia stupida o solo ignorante, su quanto molte volte sarebbe meglio starsene zitti oppure sarebbe meglio non scrivere.
Inevitabilmente finisco per pensare che la maggior parte delle persone non pensano di essere stupide o di essere ignoranti e sicuramente non si rendono conto di quando dovrebbero stare zitti o dovrebbero evitare di scrivere qualsiasi cosa gli passi per la testa. Quindi cosa mi rende diverso da loro? Quante volte sarò stato stupido anch'io senza accorgermene? Quante volte avrò detto qualcosa che sarebbe stato meglio non dire? Quante volte ho scritto qualcosa di completamente superfluo se non proprio idiota?
Mi faccio spesso domande come queste e a volte mi permettono di riconoscere che mi capita di "inciampare", ma non mi va di tornare a quando stavo sempre zitto e non mi sbilanciavo mai nemmeno per iscritto per paura di sbagliare. Uso questi momenti di autocritica per spingermi ad esprimere pensieri su cui credo di aver riflettuto abbastanza, oppure di premettere al mio interlocutore il mio non aver mai riflettuto a fondo sulla questione proponendo di rifletterci insieme discutendo, alla Socrate, se vogliamo.

Detto ciò, naturalmente questo blog è inutile, potrei smettere di scrivere e in pochi se ne accorgerebbero, nessuno ne sentirebbe la mancanza e molte meno inutilità sarebbero pubblicate sul Web. Io comunque continuerò a scrivere, ogni volta che avrò qualcosa che mi va di pubblicare, non tanto per gli altri quanto per me. Ultimamente mi capita di scrivere molto più in inglese che in italiano, mi capita di scrivere usando linguaggi di programmazione più che linguaggi naturali, mi capita di parlare molto più di quanto scrivo: con questo blog cerco di mantenere una certa capacità di espressione chiara ed efficacie nella mia lingua madre. Spero di riuscirci anche se a volte i contenuti sono un po' carenti di contenuti.

Comunque quando penso che quello che scrivo possa essere inutile o superfluo o addirittura stupido, mi faccio un giro su qualche forum o anche solo su qualche quotidiano online e mi risollevo l'autostima abbassandomi contemporaneamente il morale (per la miseria intellettuale del mondo in cui viviamo) leggendo commenti come questi (cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere):



Non sono un campione di emoticon e nemmeno voglio esserlo, quindi assumo un mio personalissimo formalismo per esprimere il mio stato d'animo: 'SBIGOTTITO'.

NOW ON AIR: "Closing time" Semisonic

Caro vecchio tubo catodico

Io ho un televisore a tubo catodico, ancora.

Lo so, è tecnologicamente antiquato, ma nonostante questo non ho ancora trovato un "televisore piatto" che sia in grado di competere con lui per nitidezza dell'immagine e definizione.

So che i signori della televisione stanno facendo in modo che le immagini trasmesse risultino sempre più piccole in modo che, ad un certo punto, non riuscirai più a vedere niente e sarai costretto a comprare un 52 pollici per riuscire a distinguere un calciatore da un altro, o riuscire a vedere la palla di un qualsiasi sport(a volte adesso fatico a distinguere il pallone da calcio), o per riuscire a capire cosa tiene in mano un personaggio di una fiction, o ancora a leggere un sovraimpressione. Io comunque non mollo, mi tengo il mio tubo catodico da 28 pollici.

So anche che un giorno mi abbandonerà, che non ce la farà più... quel giorno, sarò un po' più triste del solito, ma sicuramente non ne comprerò uno nuovo.
Schermo piatto, non mi avrai.
Tecnologia superflua e insensata, non mi avrai.

Viva la solida tecnologia antiquata, abbasso l'innovativa, superflua, inutile, dannosa tecnologia avanzata.

venerdì, giugno 11, 2010

Il ciclo delle fondazioni


Dopo mesi di lettura sono finalmente riuscito a finire "Il ciclo delle Fondazioni" di Isaac Asimov. Si tratta di una raccolta di quattro libri scritti in periodi differenti e non contigui dal noto scrittore di fantascienza:


  • Prima Fondazione;

  • Fondazione e Impero;

  • Seconda Fondazione;

  • L'orlo della Fondazione.


Un'opera notevole per ingegno letterario e per stile. Anche se scritti in periodi differenti e, anche per questo, in stili differenti, la lettura è sempre molto scorrevole. Seppure alcune vicende narrate in questi libri siano molto affascinanti e dotate di una certa originalità sono rari i momenti di vera suspence in cui il lettore non vede l'ora di scoprire come si svilupperanno gli avvenimenti. Sotto questo punto di vista mi permetto di ritenere la trama un po' troppo piatta.
Le vicende raccontate ricoprono un arco di centinaia di anni, descrivendo un percorso, interpretato da una grande quantità di personaggi diversi, che parte dalla disgregazione di un imponente impero galattico per cercare di arrivare alla creazione di un nuovo impero, costruito sulle ceneri del vecchio su nuove basi. Non credo di rovinare la lettura a nessuno scrivendo che tale percorso rimarrà incompiuto, non perché si fallirà nell'impresa ma perché la sua conclusione, qualora prevista, non è stata narrata: d'altra parte il percorso è sempre più importante della meta. Questo comunque per me ha rappresentato una piccola delusione. Inoltre l'arco narrativo così esteso ha reso necessario lo sviluppo di un gran numero di personaggi che si susseguono in vari scenari sul filo conduttore del cosiddetto "Piano Seldon": un piano scientifico, basato sulla materia denominata psicostoria (analisi delle dinamiche macro-sociali tramite strumenti matematici), ideata dal professor Hari Seldon. Tanti personaggi, forse troppi. Tanti personaggi e, nonostante quattro libri, troppo poco "spazio" per definirli compiutamente.
A questo si aggiunga una fine che ho trovato alquanto deludente, arricchita da idee poco utili al compimento di una vicenda così lunga e per certi versi intensa, idee che non contribuiscono affatto alla conclusione del percorso e che, a mio parere, stonano con tutto il resto della raccolta.
Insomma, un libro tecnicamente ben scritto ma dai contenuti deludenti.

UPDATE 13/01/12: più di una persona mi ha chiesto informazioni circa la leggibilità del volume da me letto (riconoscibile dalla immagine della copertina pubblicata all'inizio di questo post), poiché ho imparato che la valutazione della leggibilità è molto personale ho deciso di evitare una descrizione di mie impressioni che potrebbero essere di ben poco aiuto ai più e, invece, ho scelto di postare una immagine della prima pagina del libro nell'edizione Mondadori del 2006, sperando di fare cosa gradita.

NOW ON AIR: "Love will tear us apart" Joy Division